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Music

IN CONVERSATION WITH: MAOUPA MAZZOCCHETTI & GLASS

words: Giulia Maria Scrocchi

19.12

IN CONVERSATION WITH: MAOUPA MAZZOCCHETTI & GLASS

IN CONVERSATION WITH: MAOUPA MAZZOCCHETTI & GLASS

Se “Y Head” fosse un disegno, sarebbe un portale verso un mondo dove tutto è intensificato in un paesaggio nebbioso nebbioso, senza ombre, dove mattina e sera si confondo in quello stato che sembra non avere lo scorrere del tempo.
È così che Glass e Maoupa Mazzocchetti immaginano una raffigurazione di “Y Head”: un paesaggio sonoro sui toni del grigio capace di intensificarsi ad ogni emozione, trascinando l’ascoltatore tra rumore, luce e frammenti di memoria.

Come anticipato i protagonisti dell’ultima release via Promesses sono Glass, duo francese che si è guadagnato un posto nel catalogo della avant-gardist label Comic Sans e noto per il loro approccio al sound design – di cui vi abbiamo già parlato qui – e Maoupa Mazzocchetti, produttore belga apprezzato per le sue deviazioni sonore in progetti leggendari come De-Bons-en-Pierr insieme a Beau Wanzer o L.A.A.M insieme a Benoît Leray (Lost SoundBytes) e Mehdi Kernachi (AIR LQD), di cui vi invitiamo a recuperare l’intervista.

“Y Head” nasce dall’urgenza creativa e dalla forza della collaborazione: un album che fonde il glitch con synth epici e bassi profondi, costruito in una settimana di scrittura a Parigi. Maoupa racconta di come lavorare sotto pressione lo spinga a creare di più, Glass parla di emozioni che si stratificano nei suoni, tra fisicità e vulnerabilità.

Il risultato è un’opera che gioca sull’ambivalenza: musica da ballo, capace però di evocare malinconie personali e scorci di mondi di cui desideriamo sapere di più. In questa intervista, Glass e Maoupa Mazzocchetti aprono una finestra sul processo creativo senza limitazioni stilistiche, concentrandosi invece su emozioni e sperimentazione piuttosto che su generi definiti.

Cosa ha dato vita alla collaborazione per creare “Y Head”? Come vi siete conosciuti e avete deciso di lavorare insieme?

Glass: Seguiamo il lavoro di Maoupa da moltissimo tempo. Un giorno, il label manager di Comic Sans Records ci ha chiesto di comporre un nuovo brano per una compilation, e abbiamo deciso di coinvolgerlo. È nato così “Gaslighting,” uscito appunto per Comic Sans Records.

Maoupa Mazzocchetti: Ho incontrato Glass a Bruxelles qualche anno fa, al Brasserie Atlas, durante un loro live. Conoscevo già la loro musica da un po’, da quando avevano pubblicato Anxiety Prime, che per me è un capolavoro. Quando mi hanno proposto di collaborare, è stata l’occasione perfetta per immergermi nel materiale che mi hanno mandato e conoscerli davvero come persone, non solo come artisti. Oltre all’aspetto musicale, abbiamo costruito un’amicizia solida e sincera.

Come si è svolto il processo creativo dietro Y Head? Come avete combinato elementi glitch con synth di quella certa epicità e bassi profondi?

Glass: Tutto è iniziato quando ci hanno chiesto di suonare insieme a Londra per una serata organizzata da Comic Sans Records. In una settimana abbiamo scritto il live set a Parigi e poi lo abbiamo presentato dal vivo il weekend successivo. È stato un processo intenso, ma stimolante. In seguito, ci è sembrato naturale trasformare quei brani live in un album.
Per il processo creativo, abbiamo iniziato inviandoci loop e campioni, a cui Maoupa ha aggiunto le sue idee. Infine, ci siamo riuniti in studio per finalizzare tutto.

MM: Lavoro meglio sotto pressione: è quando riesco a dare il massimo, anche se non lo scelgo volontariamente. Quando Hugo mi ha chiamato per il live a Londra, ho capito che sarebbe stata una grande opportunità per creare tanto in poco tempo e costruire un progetto completo. In realtà, pensare a un EP o un LP è stato un passo successivo rispetto al live: quello è stato il pretesto per far partire tutto.

Qual è il significato del titolo Y Head? Ha un collegamento con i temi dell’album?

MM: Il titolo è nato alla fine del processo. Durante la produzione dell’EP, avevamo spesso con noi un massaggiatore muscolare che uso dopo le sessioni di basket. È un oggetto curioso, che ha fatto nascere molte conversazioni. In particolare, l’accessorio chiamato Y Head, una punta a forma di “Y” usata per massaggiare la testa, ha attirato la nostra attenzione. È un oggetto ambiguo: da un lato evoca morbidezza e piacere con la sua funzione originale, dall’altro può essere usato in modi più provocatori. Inoltre, la sua forma richiama una pistola, il che è paradossale. Questo ci ha portato a sceglierlo come simbolo per la copertina dell’album: semplice, visivamente d’impatto, ma anche un po’ enigmatico. Penso che la nostra musica sia proprio così: a volte complessa e sfuggente, ma sempre musicale e mai pericolosa.

Ci sono influenze o generi musicali che hanno contribuito al sound di Y Head? Avete trovato ispirazioni inaspettate?

Glass: Entrambi abbiamo un approccio “senza genere” alla composizione. Ci concentriamo più sulla sperimentazione e sulle emozioni che su riferimenti precisi. Probabilmente è per questo che l’album sembra richiamare molti stili diversi. Seguiamo i suoni, non una formula, cercando di creare una storia sonora coesa, potente e sorprendente, che speriamo possa coinvolgere chi ascolta.

MM: Amo combinare elementi apparentemente opposti: è quello che abbiamo fatto qui. Non abbiamo mai pensato a uno stile o a un genere durante la produzione. L’unico principio guida, forse, era bilanciare il desiderio di creare brani adatti ai club (quelli giusti!) senza perdere il nostro spirito sperimentale e le nostre ossessioni sonore. Questo approccio crea vulnerabilità, ma anche una personalità autentica, che per me è l’effetto speciale più bello nella musica.

Come avete gestito il mix di stili diversi nell’album, dai glitch sperimentali ai bassi pensati per i club? Come siete riusciti a renderli coesi?

Glass: Parliamo spesso degli aspetti tecnici, ma alla fine, che ci piaccia o no, la musica è emozione. Ci siamo concentrati sulle emozioni trasmesse dall’album, sia a livello musicale/culturale che personale. Alla fine, se un brano ci conquista, allora funziona. I tratti comuni tra i pezzi sono la fisicità, l’intensità e la semplicità, elementi che possono emergere in modi diversi: gabber, noise, sperimentale, bass music, IDM, trap beats.

MM: Non capisco molto il termine “sperimentale” nella musica elettronica. È il cuore stesso di questo genere! Dire che la musica elettronica è sperimentale è come dire che ha bisogno di elettricità. Credo fermamente che la musica veramente potente funzioni meglio quando si contrappone alla malinconia o al tormento che nasconde al suo interno.

Se doveste descrivere questo album usando delle emozioni, quali scegliereste?

Glass: Per noi, questo disco non rappresenta una singola emozione, ma un insieme di sentimenti spesso in contraddizione tra loro. Puoi essere travolto dal rumore, poi da un’improvvisa euforia, per passare infine a un senso di nostalgia o emozioni più dure e crude. Ognuno può creare la propria storia personale ascoltandolo.

MM: Grazie! Se dovessi descriverlo brevemente, direi che l’EP rappresenta un ricordo freddo e distante, ma che ci lascia la sensazione di essere stati qualcun altro nel passato. Un ricordo, positivo o negativo, talmente lontano che ti chiedi se sia davvero tuo.

Se doveste disegnare questo album, quali colori e forme scegliereste?

Glass: Grigio pietra, con la forma di un portale verso un mondo dove tutto è intensificato.
MM: Qualcosa di nebbioso, senza ombre, dove non riesci a capire se sia mattina o sera. Ma è giorno.

Potreste raccontarci qualcosa sul brano Rue des Rosiers? Quale storia o emozione volevate trasmettere?

Glass: Sei sommerso dal rumore, fatto a pezzi, ma allo stesso tempo tranquillo, perché la luce è proprio dietro l’angolo.

MM: Rue des Rosiers è letteralmente una strada a Caen che Hugo ed Etienne conoscono bene. Ma è anche un nome generico, una via che probabilmente esiste in molte città francesi, un po’ come un preset generico per chitarra nel JP8080.

Come avete scelto NVST e Bergsonist per remixare Rue des Rosiers e Near Bones?

MM: Amiamo la loro musica… e hanno detto di sì! Ci sentiamo fortunati.
Conosco Selwa (Bergsonist) dai tempi del mio primo tour negli Stati Uniti, nel 2016. È una figura fondamentale nella comunità elettronica di New York. È incredibilmente prolifica e musicalmente sincera. Adoro il suo mondo sonoro.
NVST, invece, è un’amica comune con Glass. È da molto tempo che seguo la sua produzione e spesso suono i suoi brani nei miei DJ set. Mi piacerebbe sentire ancora più musica da lei: il suo ultimo brano è proprio nell’EP Y Head.

Avete in programma di suonare dal vivo insieme, con un live dedicato a questo album?

Glass: Sì, lo abbiamo fatto due volte e stiamo pianificando altri live nel 2025.

MM: Sì, lo show è pronto. Ora accendiamo candele per attirare concerti dal vivo. È tutto ciò che possiamo fare.

Credits:

ph: Estelle Chauffour

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