Piña Festival: Sanremo fra echi mediterranei e ritmi globali

Dal 6 al 10 agosto, tra i caruggi stretti e sinuosi della Pigna, il centro storico di Sanremo, si accende una luce diversa da quella abbagliante dell’Ariston: è quella del Piña Festival, che da cinque anni illumina con coerenza e visione la scena musicale contemporanea. Lontano dalle logiche dello spettacolo televisivo, questo festival si è affermato come un laboratorio sonoro e culturale di respiro europeo, capace di intrecciare sperimentazione musicale, pluralità di linguaggi e valorizzazione del territorio.

Un progetto che riflette una visione ampia e necessaria: quella di un Mediterraneo contemporaneo, attraversato da estetiche ibride, forme di resistenza culturale e comunità transnazionali. In questo contesto, la musica elettronica – linguaggio simbolico e cangiante della contemporaneità – diventa veicolo di incontro, cura e trasformazione.

La scelta della location non è casuale. La Pigna, con i suoi scorci medievali e il suo tessuto urbano stratificato, è un luogo di forte carica simbolica. Un quartiere che porta i segni di una storia popolare e a tratti marginale, oggi teatro di una rifunzionalizzazione che non punta alla gentrificazione, ma all’inclusione culturale e alla vitalità artistica. Il festival, infatti, abita il centro storico con rispetto e intelligenza, riscoprendone piazze e anfratti con performance, live set e momenti di aggregazione aperti a tutti.

L’edizione 2025 si apre nel segno del contrasto tra memoria e avanguardia, con l’esibizione del duo berlinese Sound Metaphors al Forte Santa Tecla, ex carcere oggi museo affacciato sul mare. Il loro lavoro, a metà tra ricerca archivistica e club culture, incarna perfettamente lo spirito del festival: uno sguardo retrospettivo che diventa slancio futuribile. La loro musica è un dialogo tra formati obsoleti (spesso rieditati in vinile) e pratiche digitali, tra afro-cosmic, synth-wave, disco e house, filtrate dalla sensibilità postmoderna della Berlino post-rave.

Dal giovedì al sabato, il cuore pulsante del festival si trasferisce alle piazze della Pigna, con epicentro a San Costanzo – un anfiteatro naturale nato dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, diventato oggi simbolo di resilienza urbana. Qui si alterneranno live come Jembaa Groove, formazione che fonde afrobeat e soul in un crocevia tra Accra e Berlino, e freekind., duo femminile tra jazz e neo-soul il cui lavoro riflette un’urgenza politica e identitaria. Non da meno la collaborazione tra gli australiani 30/70 e il producer dreamcastmoe, che portano in scena un dialogo tra spiritual jazz, broken beat e soul elettronico.

A fare da spina dorsale alla programmazione ci sono però i selectors: DJ e collezionisti che incarnano la funzione più nobile del clubbing contemporaneo — quella di mediatori culturali. Tra questi spiccano nomi ormai fondamentali nella scena europea come Stella Zekri, Nick The Record, John Gomez e Davide D’Amico, accanto a nuove voci come Pitaya Soundsystem, Anacalypto e Nevena Jeremic. Le loro selezioni raccontano storie diasporiche, connettendo tradizioni locali e globi sonori inaspettati, dall’Italo disco all’highlife, dalla cumbia al dub techno.

Il festival si chiude con un beach party, rito conclusivo che celebra il lato più comunitario della musica. Qui si esibiranno Pierka, Danny Bodega, Mario Marini e James Falco, co-fondatore del festival e figura centrale nella sua direzione artistica.

Ma ciò che rende Piña davvero rilevante non è solo la qualità della sua proposta musicale, bensì la sua coerenza con una visione culturale più ampia. È il primo festival di musica elettronica nel ponente ligure, un territorio spesso escluso dalle rotte della sperimentazione sonora. Eppure, proprio da questa marginalità riesce a parlare con una voce nitida, portando avanti valori come la sostenibilità, l’inclusione e la costruzione di comunità attraverso la musica.