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Jazz is Dead: un festival di musica sperimentale con un’attitudine punk

08.06

Jazz is Dead: un festival di musica sperimentale con un’attitudine punk

Jazz is Dead: un festival di musica sperimentale con un’attitudine punk

Jazz is Dead, un nome provocatorio. Con la morte del Jazz si vuole voltare pagina e proporre quello che realisticamente rappresenta il panorama musicale contemporaneo: una grande costellazione di suoni e rumori in cui molti progetti musicali sono difficili da ascrivere ad un unico genere musicale. Ormai i Jazz festival più grossi d’Europa hanno pochissimo di Jazz in programmazione e si rintanano in modo sicuro su artisti commerciali con un più facile appeal verso l’audience. Oltrepassare i limiti di questa denominazione è fortemente necessario al giorno d’oggi. Il cavallo di battaglia di JID è proprio questo, coinvolgere progetti musicali che fanno dell’eclettismo e delle contaminazioni musicali il loro punto forte.

Con la sua terza edizione il Jazz is Dead festival ha proposto una lineup all’insegna dell’eterogeneità. Accostare nomi così lontani tra loro all’interno di questa cornice può risultare un’impresa ai limiti della follia. Un elemento di particolare interesse è la politica sui costi dei biglietti: fornire quest’esperienza a prezzi popolari include una vasta fetta di pubblico che non potrebbe permettersi di vivere attivamente il festival (ad esempio gli studenti fuori sede). Va riconosciuto il grande sforzo logistico di far conciliare una lineup che include artisti di fama internazionale con dei prezzi accessibili alle classi meno abbienti in una realtà in cui i biglietti deifestival raggiungono cifre sempre più folli e inaccessibili.

Evidentemente, chi è coinvolto nella realizzazione di questa impresa ardita ha colto un aspetto fondamentale del tessuto sociale torinese: l’incredibile curiosità del pubblico. Sebbene questi tre giorni di festival siano stati contraddistinti da un ampio spettro di suoni e rumori, le tante persone che hanno partecipato al festival si sono sempre fatte trovare pronte e prive di pregiudizi.

Risulta arduo focalizzare quali siano gli highlights di questi tre giorni di festival, con molto sforzo siamo riusciti ad inquadrare: il profondo dialogo elettroacustico tra Rob Mazurek e Gabriele Mitelli, l’esplosiva performance dei Nu Jazz, la valanga sonora dei Godflesh e la masterclass di Djing di J.G. Wilkes degli Optimo (Espacio).

Una menzione speciale va alla rassegna Sinoira Modificata, chi ha curato questo spazio ibrido (Pho Bho Records e Dualismo Sound) è riuscito a raggruppare alcune delle realtà indipendenti più interessanti della penisola. È stato veramente difficile pensare di “riposarsi” durante i cambi di palco delle venue principali. Ogni volta che un’esibizione si concludeva, stimolato da una grande curiosità, mi fiondavo in questo spazio per ascoltare i Dj set e i Live set del Sinoira Modificata. Confesso che spesso è stato complesso tornare alle venue principali quando ricominciavano i concerti: le esibizioni, senza compromessi degli artisti coinvolti in questa rassegna, rafforzate dal suono dell’impianto Funkion One, hanno immerso lo spettatore in una costellazione di suoni che spaziavano dalla musique concrète alla Bass music contemporanea a tinte leftfield.

Nonostante il primo giorno travagliato a causa di fattori climatici, i tre giorni di Festival sono stati un successo, tutte le esibizioni degli artisti coinvolti sono state brillanti e l’attiva partecipazione del pubblico ha reso il JID una delle realtà più anticonformiste nel panorama dei festival italiani.

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