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Music

IN CONVERSATION WITH: MARIE DAVIDSON

words: Alessandra Gesualdi

16.06

IN CONVERSATION WITH: MARIE DAVIDSON

IN CONVERSATION WITH: MARIE DAVIDSON

‘L’elettronica esistenzialista di Marie Davidson’

Una poetessa contemporanea che urla domande esistenziali su basi potenti di musica elettronica.

Per raccontare Marie Davidson non basta soffermarsi sull’ultimo album: ogni disco rappresenta una tappa fondamentale nella sua evoluzione artistica, che va di pari passo con quella personale. Per questo, prima di immergerci nella sua ultima creazione, è necessario fare un viaggio attraverso alcune uscite che ne hanno tracciato il percorso, permettendoci di cogliere la profondità e la complessità di questa polistrumentista, cantante e produttrice canadese.

Originaria di Montreal, Marie inizia la sua carriera solista nel 2011, dopo aver lavorato per qualche tempo con il marito Pierre Guerineau nel duo ‘Essaie Pas’, un progetto di elettronica minimale e darkwave dalle atmosfere cupe e testi in francese. Il suo terzo album, ‘Adieux Au Dancefloor’, nato in un momento di transizione in cui si interroga sulla club culture, segna il passaggio verso sonorità più orientate al dancefloor, tra minimal wave e techno.

Due anni più tardi, con ‘Working Class Woman’, esplora la sua esistenza da workaholic, resa celebre da ‘Work It’. Questo ritmo frenetico la spinge a prendersi una pausa necessaria per ritrovare il suo equilibrio.

Il ritorno arriva nel 2020 con Renegade Breakdown, un album che dipinge con crudo realismo la solitudine, l’alienazione e le difficoltà nascoste dietro le quinte della vita in tour, portando alla luce la fragilità di chi vive sotto i riflettori.

Negli ultimi anni, oltre ai live, Marie si esibisce anche in DJ set, trasmettendo sempre quella profonda carica emotiva che caratterizza ogni sua performance e consolidando il suo ruolo come una delle voci più autentiche e innovative dell’elettronica contemporanea.

Il suo sesto album è uscito a febbraio di quest’anno, e ora è lei stessa a raccontarcelo.

Ciao Marie, benvenuta su t-mag. Vorremmo parlare con te del tuo ultimo album ‘City of Clowns’, nato in collaborazione con tuo marito Pierre Guerineau e i Soulwax, rilasciato sulla loro etichetta DEEWEE. Ci piacerebbe sapere: quali sono le tematiche affrontate dai brani e a chi alludi con la metafora dei clown?

Potrei anche chiamarlo ‘World of Clowns’, o semplicemente ‘Clown World’. Quando penso all’archetipo del clown, vedo come due facce della stessa medaglia. Da un lato, ci sono quelli che governano il mondo con inganni e corruzione; dall’altro, tutti gli altri: i reietti della società, fuorilegge, dannati, persone che non hanno più nulla da perdere. Ed è proprio in questa condizione che risiede il loro potere: la capacità di mettere in discussione lo status quo, giocandosi quella carta segreta capace di ribaltare le sorti della partita.

I videoclip sono da sempre un simbolo della cultura pop, ma oggi stanno trovando sempre più spazio anche nella musica elettronica. Tu stessa li hai utilizzati: cosa ti affascina di questo linguaggio audiovisivo e perché hai scelto di integrarlo nella tua arte?

Per me, il rapporto con la mia immagine è sempre stato una fonte di conflitto interiore. Non sono mai stata del tutto a mio agio con il mio aspetto, e guardarmi in video mi metteva a disagio. Con l’avvento dei social—soprattutto YouTube, Instagram e TikTok—per chi fa musica è diventato quasi obbligatorio esporsi. All’inizio è stato difficile, poi col tempo ho fatto pace con me stessa. Intorno ai trent’anni ho persino realizzato un intero filmato con lo smartphone, ma ho messo in pausa il progetto per finire City Of Clowns. Quando ho lavorato al video dell’album, ero in una fase completamente diversa: ora vivo la realizzazione dei videoclip come se fossero delle vere opere d’arte, e li approccio più come cortometraggi che come semplici strumenti promozionali.

‘But don’t be fool / I’m not that cool / I stick with the weirdos’ suona come una dichiarazione di intenti. Chi sono per te questi ‘weirdos’ con i quali ti schieri?

Questo ci riporta alla prima domanda! Mi riferisco ai miei amici, sia ai queer che ai ‘normies’, agli outsider, a quelli che non vivono seguendo le regole e che non si fanno influenzare dai trend.

Racconti in un’intervista che l’album è stato influenzato dalla lettura del libro ‘Il Capitalismo della Sorveglianza’ di Shoshana Zuboff. Che cosa in particolare ti ha ispirato?

‘Il Capitalismo della Sorveglianza’ mi ha fatto aprire gli occhi su cosa stia realmente accadendo con la mercificazione dei nostri dati personali. È stata una lettura fondamentale nel mio percorso di crescita personale, che mi ha aiutata a capire come il mondo si sia evoluto intorno alla tecnologia e in che modo l’economia legata all’Internet delle Cose stia influenzando il nostro sviluppo come specie.

Qual è il messaggio che speri gli ascoltatori portino con sé dopo aver ascoltato City Of Clowns?

Metti in discussione l’autorità, le mode, i brand e la politica. Coltiva il tuo il pensiero critico.

Come vedi il futuro della musica elettronica, considerando l’influenza sempre crescente dell’intelligenza artificiale e della tecnologia sulla produzione musicale?

Prima di tutto, non temo l’intelligenza artificiale per il futuro della creatività in generale. Credo che finché gli esseri umani sapranno generare idee originali, ci sarà sempre spazio per loro, accanto ai contenuti prodotti dall’AI. Quello che mi preoccupa di più è che le persone perdano la capacità di creare, se non incoraggiate a farlo. Intendo dire che servono momenti lontani dagli schermi e dalla pubblicità, tempo per l’introspezione, un’educazione che torni a valorizzare il pensiero critico e la possibilità di coltivare la propria curiosità. Il futuro della musica elettronica, come quello di qualsiasi altro genere, dipenderà da come evolveremo collettivamente e da quanto spazio sapremo riservare all’arte e alla cultura.

Qual è il rifugio di Marie dall’ansia della vita digitale moderna?

Fare musica, scrivere, fare esercizio, passare tempo all’aperto, incontrare persone nella vita reale.

Che libro stai leggendo ultimamente? Pensiamo che potrebbe essere interessante per immaginare la direzione che prenderai nei tuoi prossimi progetti.

Non sono sicura che ciò che sto leggendo in questo momento influenzerà i miei futuri progetti artistici, ma è interessante. È un libro scientifico sul libero arbitrio, intitolato Determined, di Robert M. Sapolsky.

Foto di Nadine Fraczkowski

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