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Superflat: il festival che unisce cultura postmoderna e radici locali

In un’epoca in cui le grandi metropoli sembrano dominare la scena culturale, gli eventi musicali e culturali nelle realtà provinciali assumono un valore fondamentale per la crescita e l’arricchimento delle comunità locali. Il Superflat Festival, che si svolge nella pianura padana, rappresenta un esempio illuminante di come un progetto artistico possa trasformarsi in un catalizzatore di cambiamento, non solo per la città che lo ospita, Parma, ma per tutta la regione circostante.

Organizzare un festival come Superflat in una città come Parma è una sfida ambiziosa, ma anche un’opportunità unica. In un contesto provinciale, eventi di questo tipo non solo arricchiscono l’offerta culturale, ma contribuiscono a creare un senso di comunità, portando le persone a riunirsi per celebrare la musica, l’arte e la cultura in un ambiente intimo e inclusivo. Superflat non è solo un festival, ma un progetto collettivo che riflette la passione e la dedizione di un gruppo di persone che lavorano insieme per creare un’esperienza unica.

Il Superflat Festival si pone l’obiettivo di dimostrare che anche la provincia può essere un luogo di grande fermento culturale, capace di ospitare eventi di alta qualità senza dover competere direttamente con le grandi città. È un progetto che scommette sul futuro, puntando a coinvolgere non solo la comunità locale, ma anche un pubblico più ampio, attratto dall’originalità e dall’intimità di un evento che valorizza le radici del territorio e le connette con le tendenze più innovative del panorama musicale internazionale.

Ne abbiamo parlato con il collettivo che organizza il festival, e dalle loro parole emerge una chiara visione: Superflat non è solo un evento, ma un’esperienza collettiva e una dichiarazione d’intenti, volta a creare un legame duraturo tra cultura, territorio e comunità.

Da dove nasce il nome Superflat? Qual è l’idea dietro questo nome?

La nascita di questo nome ha due radici: una radice culturale che fa riferimento al movimento giapponese postmoderno fondato da Takashi Murakami e a tutta la derivazione grafica che ne è seguita negli anni e una geografica che deriva dalla conformazione dell’area dove operiamo: la pianura padana.

All’interno della sua identità visiva superflat fa proprio l’uso del colore come cifra stilistica principale ponendosi l’obiettivo di creare un proprio mondo in cui differenti forme possono coesistere. La visual identity dell’anno scorso era figlia di un rush creativo di sole due settimane in cui siamo riusciti a dare forma e colore al nostro pensiero ancora prima di finire di immaginarcelo. Quella di quest’anno invece prende una direzione più complessa e puntuale, diventando quasi schematica. La comunicazione è quindi ordinata e guidata dall’utilizzo di questi crocini che pervadono la line-up, quasi come a fissarla all’interno di una nuova e sconosciuta mappa.

In merito alla geografia il paesaggio in cui si svolge Superflat è senza dubbio estremamente piatto, i paesi e le città della pianura emiliana hanno tutti una storia e caratteristiche abbastanza peculiari, ci piaceva fare riferimento alle nostre origini e al luogo che accoglie il festival e la parola Superflat esaspera questa “flatland” che ha partorito molti di noi e che alcuni di noi hanno scelto come casa.

Cosa rappresenta Superflat per voi e come si riflette nella programmazione del festival?

Superflat è un orizzonte, un traguardo, un’ambizione, un progetto, un sogno che si realizza, una scommessa sul futuro. Essendo un lavoro corale, collettivo, ognuno di noi prova sentimenti diversi per questo evento. Quello che può unire tutti è considerarlo un progetto volto a lasciare il segno, un segno in chi lo vivrà, in chi lo guarderà dall’esterno, negli artisti che solcheranno i nostri stage. Sarà l’espressione di un gruppo di persone che stanno lavorando insieme senza ego-riferimenti per il solo piacere di creare qualcosa di armonioso e indimenticabile per chi deciderà di farne parte. Questa volontà si riflette in una programmazione lineare, che punta tutto su una ricerca degli artisti non scontata, in una scenografia misurata ma d’impatto, in una sostenibilità reale e non solo raccontata. Un progetto ancora piccolo ma già molto solido.

Cosa significa per voi organizzare un festival di questo genere in una città come Parma?

È sicuramente una sfida, crediamo ci sia bisogno di mandare un certo tipo di messaggio in provincia, per altro PWCC, il centro culturale che ospita il festival e di cui il collettivo SF è struttura portante, in piccolo questo tipo di lavoro lo porta avanti con continuità anche durante l’inverno. SUPERFLAT non vuole essere uno sforzo isolato ma la massima espressione di un lavoro costante. Parma in generale ha aperto le proprie orecchie a tante proposte musicali diverse nel corso degli ultimi 10 anni, senza mai fare proprio un genere in particolare. Sicuramente ci accorgiamo della sensibilità crescente di questa città ma rimaniamo consci della sua dimensione infatti non guardiamo solo alla città ma a tutto il territorio italiano.

Quali sono state le principali difficoltà che avete incontrato nell’organizzazione del festival? Quali invece i punti di forza e le risorse che il territorio vi ha offerto per la realizzazione di questo evento?

È sotto gli occhi di tutti che il numero di festival sul territorio italiano è vertiginosamente aumentato quindi possiamo immaginare come sia organizzarne uno quando l’offerta è così ricca e vasta: complesso! Dal nostro punto di vista però pensiamo che Parma (e in particolare PWCC) possa svolgere un ruolo centrale nel creare una comunità che capisca l’importanza degli eventi handmade. L’idea che possa esistere un festival realizzato con le nostre mani senza big sponsor e big name ci affascina e ci guida durante queste fasi organizzative. Essendo un progetto agli albori le difficoltà sono sicuramente piú evidenti dei vantaggi, in primis il tuo bacino d’utenza è piu ristretto e meno preparato rispetto ad una metropoli, e spostare le persone da centri piu grandi rimane complesso. La vicinanza estrema a città come Milano e Bologna è spesso un’arma a doppio taglio perchè ti permette sì di raggiungere un bacino d’utenza molto più ampio ma allo stesso tempo, spesso, ti mette in competizione, in modo indiretto, con eventi nelle suddette città. Per noi è importante riuscire ad avere un impatto sia sui residenti che su un pubblico da fuori, c’è il desiderio di creare qualcosa di inedito per entrambi. I vantaggi ad oggi stanno nella location che ci ospita che rimane altrettanto giovane ma che sta facendo un lavoro di radicamento incessante. La risposta in sintesi è che vogliamo dimostrare che la provincia puó non essere provinciale e che piú che una questione di vantaggi o svantaggi facciamo della nostra provincialità geografica una ragion d’essere e una scommessa sul futuro.

Come avete selezionato gli artisti e le performance per questa edizione di Superflat?

La selezione degli artisti è avvenuta in modo molto naturale e in una modalità inusuale. Superflat è un lavoro corale. Ci sono chiaramente responsabili delle varie aree di sviluppo dell’evento che hanno skills verticali ma l’espressione ultima di ogni cosa avviene attraverso una sintesi delle varie idee di ogni persona all’interno del collettivo. Non ci sono personalismi dentro a Superflat ma un gruppo che vuole esprimersi insieme. Sembra fantascienza di questi tempi ma è una gran bella cosa provare, con tutte le difficoltà del caso, ad essere un gruppo invece che un insieme di singoli. Il nostro team è composto da persone di età diverse, talvolta con delle differenze anche di 10 anni l’uno dall’altro. Questo ha giocato un ruolo fondamentale nella selezione degli artisti perché permette di allargare sensibilmente lo spettro musicale dove andare a pescare. Chiaramente non sempre ci siamo trovati subito d’accordo su tutti i nomi usciti fin dal primo momento ma c’è sempre stata molta fiducia reciproca e soprattutto rispetto. Siamo molto soddisfatti della Line up di SF24 ci rappresenta in maniera impeccabile e ci sarà modo di continuare ad esplorare mondi sonori in futuro. C’è un ottimo mix di artisti affermati e newcomer, un buon bilanciamento tra artisti italiani e stranieri, sonorità complementari e funzionali alle varie fasi della giornata. Superflat è un lungo viaggio sonoro più che una successione di performance slegate tra loro, per questo motivo non ci sono mai set in simultanea e gli spostamenti tra gli stage sono ridotti all’osso.

Quali criteri avete utilizzato per creare il programma artistico del festival?

Eravamo tutti d’accordo sul fatto di lavorare sulle sonorità della Techno e questo significava di conseguenza poter accingere anche al bacino della musica Ambient oppure al bacino della musica tribale e percussiva primordiale ad esempio, perchè, come sappiamo, sono mondi completamente collegati da sempre. Da questo collegamento diretto, ad esempio, sono nati i nomi di tutte le performance live che abbiamo selezionato per Superflat (Agnese Menguzzato, Samuel Organ e Tammur). Sul lato Dj abbiamo invece preferito mantenere un collegamento tra eccellenze italiane e non in tutto l’ambito Techno, dalla Dub alla Downtempo a quella un po più spezzata: vedi appunto la naturale transizione tra artisti come Dj Plead, Vladimir Ivkovic, GNMR, Marco Shuttle e BASHKKA, c’è armonia nel crescendo sonoro.

C’è un filo conduttore o un tema specifico che lega le varie esibizioni e opere presenti al festival?

Non quest’anno, in futuro chissà. Oggi Superflat racconta perfettamente il lavoro corale che cerchiamo di esprimere ogni giorno dentro PWCC, è l’espressione di un collettivo che ha a cuore la passione, la cura e la bellezza che si celano dietro il lavoro culturale legato al mondo della musica dove la parola d’ordine per noi è qualità. A SF c’è grande coerenza in ogni aspetto, tralasciando i discorsi sulle scelte di sostenibilitá piu scontate (se nel 2024 dai le cannucce, i bicchieri usa e getta e le bottigliette di plastica un pó stronzo lo sei) PWCC per esempio ha un piccolo orto quindi nel menù ci saranno sicuramente cose coltivate a pochi metri di distanza, è una ex azienda agricola e il tessuto sociale qui ha sempre avuto un forte senso di comunità. Vorremmo che tutti si sentissero a casa durante il festival, artisti compresi e speriamo tutti possano avere un’esperienza confortevole, il valore di un festival sta per il 50% nelle performance musicali e per l’altro 50% nel clima che si respira a livello di audience avremo estrema cura per entrambi gli aspetti. La seconda parola d’ordine è intimità, SF vuole essere un’esperienza intima e vuole avere un impatto intimo, individuale. Le comunità sono fatte di individui, qualunque cambiamento deve passare da quella sfera prima.

Quale impatto sperate che Superflat abbia sulla comunità?

Positivo! Speriamo di educare all’ascolto e all’attenzione alla musica, cercando di portare a Parma nomi che riteniamo interessanti ed estremamente contemporanei, di provare a coinvolgere un pubblico che magari non ha mai provato l’esperienza di riunirsi per 48 ore in un viaggio musicale e vivere insieme come una comunità. L’attivazione del camping ci aiuterà a creare questa magia.

C’è un messaggio particolare che volete trasmettere attraverso Superflat?

Sicuramente è molto collegato al messaggio che porta PWCC. Tendiamo a sensibilizzare il pubblico a vivere gli spazi del festival come propri, di sentirsi a casa e di non sentire nessuna pressione di alcun genere, nella massima libertà e rispetto delle libertà altrui. Il nostro obiettivo è creare un appuntamento annuale a cui il pubblico voglia partecipare non solo per la proposta artistica ma anche e soprattutto per l’atmosfera di unione e armonia che si respira.

Qual è la cosa principale che volete che il pubblico porti con sé dopo aver partecipato al festival?

Vorremmo che il pubblico partecipante sentisse la mancanza delle sensazioni di benessere, armonia e libertà provate nei due giorni, che tornasse più ricco rispetto alla conoscenza di nuovi artisti, che portasse con sè la pace che cercheremo di creare tra le persone per tutta la durata dell’evento vivendo in comunità con educazione e rispetto reciproco. Vorremmo che si sentisse a casa e desiderasse tornare un giorno.

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