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Fashion

PRADA: la pluralità del suono

words: Luca Cioffi

29.03

PRADA: la pluralità del suono

PRADA: la pluralità del suono

“La sinfonia è un complesso gioco di potere, dove le note più alte impongono alla ragione una convivenza obbligata con l’emozione, al contrario, la musica, quella grezza, è pura ragione”

disse nel 2014 Germano Celant, quando si trovò a dover lavorare una materia fluida come il suono. L’occasione era la mostra “Art or Sound” presso il Cà Corner della Regina di Venezia, che ospita la seconda sede di Fondazione Prada fuori dal confine milanese, lì dove il curatore d’arte incontrò per la prima volta Miuccia Prada.

Il progetto ambizioso del duo era quello di instaurare un dialogo tra arte e suono, dando a quest’ultimo la parvenza di un’arte che si possa vedere, rintracciare in un corpo fisico. L’indagine tra passato e contemporaneità, porta Germano Celant a chiedersi se il suono sia davvero un’anima senza corpo, se esista un contenitore capace di custodirlo. Domanda alla quale sembra rispondere la signora Prada qualche anno dopo, invitandolo ad un ascolto visivo con la collezione uomo SS19.

Se all’interno della mostra co-curata dai due, Celant sosteneva che il suono avesse un corpo futurista fatto di luce e colore, lo show ne dimostra l’applicazione quasi fosse una legge scientifica, con look fatti da top a stampa multicolor, micro shorts dalle tinte sature, e macro copricapi rivestiti internamente di pelo, che ricordano le pareti ‘’insonorizzate’’ di uno studio di registrazione. “Sembra di trovarsi in un quadro vivente” commentò al termine dello show Celant, citando le opere futuriste di Luigi Russolo e muovendosi nella scenografia dello show, fatta di sedute in plexiglas attraversate da una luce violacea che illuminava il passo dei modelli.

t-mag_Luca_Cioffi_PradaSS19man 2 — PRADA SS19

Uno spazio postmoderno che richiama al lavoro di Rem Koolhaas per la collezione SS15, dove montagne di sabbia lilla attutiscono le vibrazioni di Gemma Ward, autrice della soundtrack dello show. La signora Prada cuce, in un contrasto apparente tra il paesaggio esotico e la collezione rigorosa, le vibrazioni su cappotti ed abiti tracciando una linea continua su tutto il corpo, quasi fosse il progetto di una nuova femminilità più vibrante che mai. La stessa Ward usa la melodia meccanica del brano “Kiss Me” per narrare la femininity contemporanea, che lascia alla voce fuori campo dell’artista Genesis P-Orridge l’unica vocalità, come fosse un grido lontano che scompare tra le cime delle piramidi di Koolhaas e le corde vibranti di una base strumentale.

Un’intimità che non cede alle lusinghe dell’emotività per narrarsi, ma tutt’altro, preferisce studiare la società e le sue abitudini giungendo nel profondo dell’umanità. Come nel caso del Prada Mode, il music club in viaggio che accoglie l’identità artistica del paese ospitante e che rappresenta uno dei più grandi progetti del brand in tema musicale, nato con l’intento di rivelare il linguaggio universale del “piacere”. Un piacere senza corpo, più precisamente “un corpo che da piacere” come disse Femi Adeyemi, co-curatrice per la sezione musica dell’edizione di Abu Dhabi, che con la collaborazione di Gates ha portato il clubbing tra le tende dell’undicesima edizione del festival di Prada.

Un tema, quello dell’incontro tra culture, su cui si costruisce la campaign story per la SS16 del brand, dove figura il nome della producer venezuelana Arca. L’artista sceglie di usare la traccia “Family Violence” del suo album Xen del 2014 per accompagnare l’ultima collezione svelata poco prima a Milano, rinnovando l’invito della designer ad un ordine visivo che gioca sulla linearità delle stampe di giacche e gonne, sui macro accessori, e le tinte sature. In questo caso la musica porta con sé le suggestioni della terra dove nasce, i temi della sua gente e le loro tradizioni popolari. Per Arca il suono ha un’origine geografica che va a valorizzare la narrazione aggiungendone autenticità.

Questo è visibile anche nel terzo progetto del brand che omaggia il clubbing ridefinendo i confini “dell’arte di fare musica e non solo”. Lo fa con il progetto dal nome The Double Club e con l’installazione, ideata per la terza edizione, di Casten Höller negli spazi del Luna Luna Studio di Los Angeles: un nome che ricorda lo storico quanto leggendario parco divertimenti nato ad Amburgo nel 1987, che Prada rilegge in una forma pop. Il pop è dato dalla scelta musicale che fa Prada consegnando a Drake il palcoscenico dell’evento. Il rapper, che raccoglie la sfida, muta il Prada Club in un viaggio temporale tra il beat degli ultimi 2000 e i richiami alla dance music dei 70s, con una scenografia che strizza l’occhio ai disco club degli anni 50.

PRADA SS21

Dal club artistico-musicale del brand alla sua collezione SS21, la prima di Miuccia Prada con Raf Simons, con la quale il co-designer apporta una significativa crescita al linguaggio estetico-musicale. Se prima la signora Prada aveva un approccio artigianale, manifatturiero all’abito quanto del suono, che elevava il concetto di pret-â-porter, con l’arrivo di Simons l’universo del brand accoglie uno sguardo più meccanico. Questa “meccanica del diverso”, come la definì lo stesso Raf Simons, si rintraccia proprio in questa collezione: l’uso di braccia metalliche connesse a videocamere che accompagnano le modelle lungo il percorso dello show, i monitor che dominano la scenografia fino ad arrivare al macro logo stampato sul nylon dei caban, i tagli laser di maglie e gonne che “usurano” un perbenismo borghese, dato dal taglio rigoroso di gonne e giacche. La vera usura in quel quadro estetico, arriva con la musica dello show, ad opera di Plastikman aka Richie Hawtin, che curerà anche le successive FW21 uomo e donna. Il lavoro che svolge l’artista è totalmente meccanizzato: affidandosi all’uso dell’intelligenza artificiale, costruisce un coro di voci meccaniche che si esibiscono su una base continua. Quello che si ottiene alla fine è un rave ordinato che esplora il confine tra umano e inumano, tra suono e rumore.

Un viaggio nella storia che non si esaurisce, ma che fa dell’abito il narratore onnisciente di una favola post-moderna. “Questions du temp” di Bernard Parmegiani, pioniere del genere elettroacustico, è il titolo della soundtrack dello show FW24 di Prada, dove il tempo, più specificamente la storia, è la terza co-autrice della collezione. Le suggestioni di epoche diverse, in una linea temporale compresa tra i primi del Novecento e i giorni correnti, si intessono in look autorevoli che, dietro la lana spessa di cappotti maschili, nascondono il corpo fragile di abiti in cotone e seta, quasi a proteggere le corde emotive della donna, scosse solamente dal beat impetuoso della traccia, al quale si aggiunge la sonorità dell’artista Nico a ritmo di “My Funny Valentine”.

A completare la cornice musicale del brand nel suo periodo di co-direzione creativa, il progetto Prada Extends che, nella sua edizione londinese, ha visto quattro live performance di quattro figure artistiche esperte di visual scenico, la cui direzione artistico-musicale venne curata da Richie Hawtin. Curatore e direttore scenico dell’evento, Hawtin introdusse nelle playlist di Prada tre nuovi nomi del clubbing: Overmono, HAAi, e Ok Williams. L’appuntamento riunì negli spazi del Tank del Tate Modern la scena underground della città, svestendo i partecipanti di qualsiasi formalità per omaggiare l’espressività del corpo, un anticipo di quello che sarà il tema portante della collezione FW23, con i suoi simbolici colli allungati di camicie multicolor che mutano nelle maniche soffici di grandi bomber.

L’ennesimo mutamento di una materia fluida, come l’abito ed il suono, in cerca di un corpo comune capace di accogliere entrambi. Per Prada il suono è un corpo nudo, una voce sola in una moltitudine di forme d’arte, che per raggiungere il suo pubblico necessita di uno strumento, le cui corde, fatte di filamenti di tessuto, producono una melodia plurale.

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