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Music

Nell’Eden di Oneohtrix Point Never

words: Giulia Massara

Nella repubblica dell’immaginazione, forse in una fiaba o in un’antropologica dimensione surreale, abita Oneohtrix Point Never, pseudonimo di Daniel Lopatin.

02.07

Nell’Eden di Oneohtrix Point Never

Nell’Eden di Oneohtrix Point Never

Nella repubblica dell’immaginazione, forse in una fiaba o in un’antropologica dimensione surreale, abita Oneohtrix Point Never, pseudonimo di Daniel Lopatin.

Nel concreto stiamo parlando di un artista che ha totalmente rivoluzionato l’assetto elettronico e creativo contemporaneo, senza modernizzarlo ma riuscendo eccellentemente in un processo totalmente inesplorato prima.

Eccentricità ritmiche che penetrano in profondità, sofisticazioni sonore ed eteree.

Lo spartito è la deferenza dell’errore; accade davvero ed è giusto procedere consapevoli di non avere una giusta misura negli insaziabili linguaggi arguti, spinosi e nevrotici, che Oneohtrix Point Never offre in una creazione rapidissima, simultanea, in continuo sussulto.

Nel giardino degli inganni, entrando, una scala a chiocciola sospesa ci trasporta verso incendiarie dichiarazioni: elaborare con forza fisica una concettualizzazione astratta verso testimoni futuristici; corpetti allacciati e stretti tra un suono aspro e un dolce respiro. Capacità che plasma e genera le creature acustiche che, solo intravedendole, fuoriescono dai diversi romanzi che Oneohtrix Point Never narra.

Può trattarsi di una premessa che metaforicamente allude a qualificare in proporzione (forzata) tutta la bellezza che ne deriva, che, come sirene ammaliatrici, attraggono a sé noi ascoltatori.

In apnea, immersi nuoteremo nei tre album che ne hanno preparato la struttura narrativa.

Tratteggiare la discografia ampissima di questo artista è compito arduo!

Ma ci permettiamo in questa lettura, di abbozzare una mappa per raggiungere l’eden, attraversando le sensoriali claustrofobie, i cunicoli sonori, le cavità emotive di un percorso acustico del genere: dall’ultimo al penultimo e poi al terzultimo, un lunghissimo corridoio da percorrere.

Possibile definizione: compositore che annida nelle sonorità basilari, elementi filarmonici dei grandi esecutori. Lo scopo è estinguere la dinamica dogmatica e scolpire le venature di più concetti apparentemente pedissequi ma incontrollabilmente singolari.

Pedro Salinas direbbe “… da ansie, tormenti, ardori, che incessanti ti richiedono quello che tu non vedi e a cui non puoi rispondere”. Una giusta provocazione!

Grandiosità e silenzi, scribacchino in una foresta immaginifica fatta di esseri viventi che pacatamente la animano, un film alla Bertrand Mandico, in cui la natura si piega al ruolo attrattivo verso l’essere umano; tutto In Magic Oneohtrix Point Never. Autoreferenzialità e terza persona per far emergere l’ego di un artista che ha plasmato se stesso in una discografia eloquente. Induzione all’intromissione in una scena senza prospettiva che dall’io passa al “fuori campo”, inglobando una grandezza creativa che scompone e ricompone l’uomo dentro il suo suono. È una biografia romanzata che definisce il ciclo vitale, dalla nascita, alla crescita, fino alla morte di un “immortale”. Long Road Home, è il portale che apre e si dirige verso l’istante senza tempo di Again.

Again è egemonia di un sonoro amplificato che echeggia l’assurdo di paranoie isolate in strutture acustiche tempestose e illogiche. Tanto eloquente quanto criptico, interpreta sinfonie esotiche di indimenticabili filmografie europee (-issime).

A Barely Lit Bath nella sua immensa teatralità coreografa il movimento di uno sguardo che si trasformerà, senza sforzi, in una tridimensionale e trasparente eclissi visiva: i classicismi narrativi sono solo elemento affabulativo per farci indugiare e cogliere quell’attimo che sfugge all’istinto nella nudità e co-creazione di un microsecondo di impercettibile piacere. Una drammaturgia che si annuncia come foglio lirico di un poeta che mette in prosa parti di se stesso.

Ma è nel 2010 che avviene la maturità artistica e discografica di OPN: Returnal. In questo album enfasi e crepe, rotture continue, interruzioni che si frantumano per poi impadronirsi della scena e costruire un set labirintico che si definisce in un’interpretazione tra vortici, balzi e curve che smussano la “gestualità” dell’ascolto. In Stress Waves, co-riproduzione, creazione, nascita e strappi lacerati da danze aritmetiche che tra suono e ragione sovrappongono le gambe sulle scritture prestigiose di spartiti errati. L’errore è la costante su cui l’artista sembra adagiarsi, posseduto dalla sua stessa anima, rivelazione compiuta ed ortodossa di un’elettronica criptica.

Denunciarsi a priori: non è semplice affrontare un testo così eloquente, l’amplificazione tecnica è il punto focale su cui soffermare la curiosità e avviare la conoscenza. Assoluta che In Age of, il disco con più collaborazioni dell’artista americano, è raggiunta con l’ascesa eclettica di una nuova elettronica. Contaminata, incontrollabile, elegantemente sgarbata. Un album che suona dritto, con un equipaggio professionale, alla volta di sperimentazioni animatamente iconiche e acustiche uraniche. Sull’arca di Onohtrix Point Never, James Blake, Iggy Pop e Peter Gabriel orientati dall’esplorazione di puntuali sapienze artistiche. We’ll Take it è la riscrittura di una nuova Odissea al cospetto di illusioni dimensionalmente dantesche.

E se Oneohtrix Point Never fosse stato un letterato nella sua vita precedente? Perché non chiederselo. Siamo completamente assopiti dentro il tribunale barocco edonista arredato con paradossi glaciali, nervature di R Plus Seven (2013). Qui tutto si distrugge e paralizza il nulla che ne rimane; il paesaggio è un affresco di macerie che non sostengono la potenza di un flusso penetrante. Brano di riferimento He She: sentiamo la duplicazione sentimentale, sintetica e minimale, il punto di vista che mantiene le redini; c’è qualcuno che manipola, che controlla, è un “supremo”? A che altezza si pone il controllo di un demone raffinato che esplora la luce, coprendosi con essa e cospargendosi nei punti più alti e inaccessibili. Chi ci sta parlando? Questo dialogo tra noi e il niente, il tutto, il nessuno. Un thriller nelle sue sceneggiature più sconcertanti, tra atmosfera, tensione e paura, nel caos, senza una logica sequenzialità.

È qui che inizieremo a parlare di imprevedibilità, la stessa che ritroviamo nel suo ultimo album Again sperimentata già nel 2011 con Replica, un asset totalmente nuovo, con cui l’artista smembra se stesso, rosicchiando le ossature acustiche di un linguaggio ritmico e frenetico, puntualmente malinconico: Power of Persuasion, è la sintesi centrata di questo album; un clima sotto lo zero che mostra sentimentalismi ciechi, scomponendo l’anima di un immaginario ipnotico e algido; illimitato. Eterno! Folle!

Le storie negli album di Oneohtrix Point Never sono un “Ponte per Terabithia” che a corda tirata aprono il varco ad un luogo inesistente. Non ci sono compromessi ma un laborioso fantasticare dentro le gole profonde di una mente irraggiungibile. In Garden of Delete: perfezioni che si ricavano da un’unica allegoria; un dramma che sposta il tiro ponendosi in posizione rock. L’immaginazione è la vera ribellione di un essere vivente: estremizzarla nel concetto più fragoroso della musica è il piglio geniale, che senza alcuna fatica, riconosciamo in Oneohtrix Point Never: per metafora, una pesca succosa che riesce a dissetare le afosità, dominando, strato per strato, l’effettivo acustico che si frantuma dentro l’artista. Traslochi d’anima che perennemente spostano l’equilibrio, calibrando genio, piacere, percezione e udito. Ingabbiature doratissime.

Forse il vero esordio di Lopatin, un album che si posiziona tra gli indimenticabili dell’elettronica con i vestiti “new age” degli anni ‘80. Ezra e Mutand Standard sono, in soli 12:32 minuti, l’essenza più pregevole di un artista celebrale.

Il progetto sonoro di Oneohtrix Point Never è edenico, una regia che guida un’onda progressiva di piacere: incontenibile, difficile da descrivere, definire per il suo eclettismo linguistico, crasi intellettuale e semplificazione poetica! A metà tra un Cronenberg che interviene nei concetti sperimentali di un affaire Lynchiano.

L’esercizio, questa volta, è accoglierlo con irrequieta ammirazione facendosi prendere da un trepido stupore, abbandonandosi in un ascolto sulle note dell’intensità, dell’immensità!

Riferimenti: Oneohtrix Point Never (Daniel Lopatin) è un compositore e produttore americano. Tra le tante collaborazioni James Blake, Caroline Polachek, Iggy Pop, Charly XCX, FKA Twigs e more..

Prossimi eventi: Triennale, milano, 5 luglio; l’artista presenterà live, per una delle due uniche date italiane, Again, ultimo album uscito lo scorso settembre e firmato dalla Warp Records.

Tickets disponibili a questo link

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