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Fashion

in-separabili: l’universo Dada di Anna&Silvia

words: Valentina Tonini Bossi

10.12

in-separabili: l’universo Dada di Anna&Silvia

in-separabili: l’universo Dada di Anna&Silvia

Tristan Tzara, cofondatore del movimento dadaista ha detto: “[…] un’urlìo di colori increspati, incontro di tutti i contrari e di tutte le contraddizioni, di ogni motivo grottesco, di ogni incoerenza: la vita” e non è un caso che proprio DADA sia una delle principali ispirazioni di Anna e Silvia.
Oggi la moda si fonde sempre di più con l’arte e molti giovani designers tracciano percorsi distintivi e innovativi, portando uno sguardo nuovo sul panorama della sartoria: è il caso delle gemelle Anna e Silvia Cristofolini.
La loro è una crescita artistica continua, passata per l’Istituto Secoli e arrivata oggi fino al Polimoda dove hanno affinato il loro stile e le loro competenze, presentando una MA Collection di 12 capi che riflette il loro approccio audace e la voglia di sperimentare.

Da dove nasce il vostro percorso e la vostra passione per la moda? Quando avete capito che sarebbe stata la vostra strada?

Abbiamo iniziato non sapendo bene cosa volessimo fare. Da sempre abbiamo avuto una passione per l’arte, un interesse che respiravamo anche in famiglia, e così è stato naturale avvicinarci a un percorso artistico. Alle superiori abbiamo scelto di concentrarci già sul mondo della moda, una decisione che rispecchiava l’attrazione che sentivamo sin da piccole, anche se all’inizio c’era ancora molta indecisione. Alla fine, abbiamo optato per un percorso molto pratico: ci siamo iscritte al BA all’Istituto Secoli, dove abbiamo appreso tutto, dalla modellistica alla sartoria, a 360 gradi. Questo ci ha permesso, in un certo senso, di cominciare a decostruire le basi per ricostruire il tutto secondo la nostra visione. Ci hanno detto che siamo “quelle che hanno distrutto il metodo Secoli!” (ridono). Del resto, saper fare una camicia perfetta non basta se non hai anche la libertà di andare oltre quella camicia, di sperimentare.

L’Istituto Secoli ci ha dato le competenze e la sicurezza necessarie per prendere rischi creativi. Dopo la nostra BA collection, sentivamo di voler esplorare una dimensione ancora più libera e sperimentale, e così abbiamo scelto il Polimoda. Con una base tecnica così forte, lì abbiamo potuto davvero lasciare libera la nostra creatività . Ogni capo che disegniamo parte da una struttura sartoriale ben definita, e questo ci dà la sicurezza di sperimentare con libertà, sapendo di avere una base solida per affrontare anche le idee più ambiziose. Essere in due, poi, aiuta.

A proposito dell’essere in due: siete gemelle e lavorate in stretta sinergia. Quali sono i vantaggi e le sfide di questo tipo di collaborazione?

Lavorare insieme è un sogno, soprattutto adesso che siamo ancora studentesse. Ci divertiamo tantissimo, e nei momenti più caotici, in cui da sole rischieremmo di prendere decisioni impulsive, c’è sempre l’altra a portare quella razionalità che aiuta a rimanere concentrate.

Non abbiamo una divisione rigida dei compiti: ognuna si occupa di quello che sente, soprattutto sui capi più importanti – anche per una questione di attenzione quasi maniacale ai dettagli-, su cui dobbiamo metterci mano entrambe.

Una delle sfide più grandi è l’ipersensibilità che ci lega: siamo estremamente empatiche l’una verso l’altra, e questo fa sì che percepiamo immediatamente ogni stato emotivo.

In generale, però, il nostro rapporto ha molti più vantaggi che difficoltà.

Quali sono le influenze artistiche e culturali che più vi ispirano? Ci sono elementi al di fuori del mondo della moda che entrano nel vostro processo creativo?

Un’artista che ci ispira profondamente, sia per la sua visione che per il suo vissuto, è Leonora Carrington. Il suo immaginario e la sua forza creativa ci accompagnano da anni. Anche Vanessa Beecroft ha avuto un ruolo importante, in particolare nel nostro ultimo progetto. Beecroft rappresenta perfettamente quella “coreografia sociale” in cui tutti siamo immersi, e il suo approccio ai colori ci affascina: nelle sue performance, lei inserisce spesso un accento di colore in un contesto di tinte neutre, come un rossetto rosso in mezzo a tonalità sobrie, ed è qualcosa che sentiamo molto nostro dato che nei nostri capi ci piace introdurre un colore che catturi lo sguardo. Per ispirarci osserviamo attentamente la realtà intorno a noi, anche semplicemente guardando in che modo le persone indossano i loro abiti per strada; ci fa riflettere su come interpretare i volumi nei nostri capi. E poi c’è il vento, un elemento che ci affascina fin da piccole: nei nostri progetti cerchiamo spesso di catturare la sensazione del movimento, l’idea di un istante sospeso. Il movimento è anche una vera e propria chiave di lettura delle nostre creazioni, capi che si trasformano a seconda di chi li indossa e dello styling.

A livello di metodo, il nostro approccio ha qualcosa di dadaista: ci piace accostare elementi apparentemente incompatibili, seguendo un po’ il caso. Prima di iniziare a disegnare, raccogliamo tutte le nostre ispirazioni artistiche, le frammentiamo e le mescoliamo, creando combinazioni casuali che ci suggeriscono nuovi volumi e forme. È così che è nato, ad esempio, il pezzo “Tovaglia Tirolese” della nostra collezione (look 12/12 della MA collection), con volumi importanti e proporzioni molto libere.

Nonostante l’amore per i volumi e per l’effetto visivo, manteniamo sempre l’idea di un capo ben definito e riconoscibile. L’identità del capo deve emergere, così come la sua comprensibilità: vogliamo che ogni pezzo resti distintivo e al tempo stesso immediato.

Decostruire ma non troppo, viaggiare nel mezzo tra ciò che è indossabile e ciò che sfida la convenzionalità: il percorso di Anna e Silvia si svolge su un filo sottile, quasi come un manifesto visivo che bilancia forma e funzione. L’influenza del futurismo e dadaismo traspare nei dettagli e nei giochi di volumi, dove l’imprevedibilità si fa strumento creativo. Un modo per rifiutare le regole rigide e consentire a ogni capo di trasformarsi, di vivere attraverso l’interpretazione personale di chi lo indossa. Citano Fortunato Depero, che cercò di rappresentare il movimento nell’immobilità delle forme, e come lui Anna e Silvia catturano il dinamismo nell’essenza dei loro capi, creando una sensazione di movimento sospeso. Le loro creazioni sembrano fluttuare, pronte a cambiare forma al minimo spostamento d’aria, il vento stesso un elemento stilistico fondamentale.

Avete partecipato a concorsi internazionali come il Mittelmoda. In che modo queste esperienze hanno influenzato il vostro percorso e la vostra visione della moda?

Per noi sono state esperienze estremamente stimolanti, non tanto per la partecipazione ai concorsi in sé, quanto per il contatto con le persone che, come noi, hanno fatto parte di questi contesti. La varietà culturale e umana che abbiamo incontrato ha avuto un impatto fondamentale sulla nostra crescita, sia personale che artistica e professionale. Ognuno porta con sé una storia unica, ed è affascinante vedere come queste differenze si traducano in racconti e interpretazioni così originali. Inoltre, la community che si forma in questi contesti è davvero preziosa: da queste interazioni sono nate amicizie e collaborazioni che non avremmo mai previsto.

Lo scorso 12 giugno Anna e Silvia hanno partecipato al Polimoda Graduation Show, in occasione di Pitti Uomo 106, che celebra il talento emergente nel mondo della moda, riunendo le creazioni dei laureandi dell’istituto fiorentino, in un contesto che valorizza l’originalità e la ricerca Sulla passerella hanno sfilato circa 100 look da 18 collezioni, di cui 5 made by Anna e Silvia.

Avete sfilato al Polimoda Fashion Show 2024, il tema era 昇華 (SHO-KA) ovvero “trasformazione in meglio”, come avete interpretato questo concetto nei look che avete scelto di presentare?

Non ci siamo lasciate influenzare eccessivamente dal tema del fashion show. Abbiamo deciso di seguire la nostra visione e di realizzare la collezione come l’avevamo immaginata prima dell’annuncio del tema, pensando: “Se piace, bene; se no, continueremo per la nostra strada”. Per noi è fondamentale rimanere fedeli a noi stesse, specialmente in questo contesto da studentesse, dove il nostro obiettivo primario è portare avanti un percorso artistico coerente e personale. Dal Polimoda ci hanno incoraggiato a esprimere liberamente le nostre idee, e così siamo arrivate a sei look, di cui cinque sono stati inclusi nel Fashion Show.

La metamorfosi, come sottolineato dal direttore del Polimoda Massimiliano Giornetti, rappresenta un elemento chiave nel processo creativo. Come descrivereste la vostra evoluzione come designer dal momento in cui avete iniziato il Master fino alla sfilata del Graduation Show?

Quando a dicembre siamo arrivate al Polimoda, sapevamo cosa volevamo realizzare, ma ci mancava l’opportunità di confrontarci con professionisti che potessero orientarci nel nostro percorso. Siamo sempre state molto creative, ma anche un po’ confusionarie, e spesso ci è stato detto di fare un passo indietro. Ciò che non ci aspettavamo era di essere incoraggiate a fare dieci passi avanti. È stato un percorso estremamente stimolante, supportato da esperti di modellistica e sartoria, che ci hanno guidato senza farci perdere la nostra essenza creativa.

Una delle esperienze più significative è stata la comprensione, da parte dei docenti, del legame profondo tra di noi e di quanto questo fosse cruciale nel nostro lavoro. Abbiamo spesso affrontato scetticismo quando ci presentavamo come un duo, ma al Polimoda hanno colto l’unicità della nostra sinergia e ci hanno offerto un’opportunità preziosa per esplorare e sviluppare le nostre idee insieme.

Si può dire quindi che al centro del vostro percorso artistico e processo creativo ci sia proprio il fatto di essere insieme, di realizzarlo insieme. È una cosa che vorreste portare avanti?

Sicuramente. In futuro continueremo a lavorare insieme, anche se magari inserendoci nel mondo del lavoro dovremo separarci. Fare delle capsule, dei progetti insieme.

[Silvia aggiunge]: Anche perché il vantaggio di avere una gemella è che si impara molto velocemente, siamo due cervelli che si alimentano a vicenda: abbiamo accumulato esperienze lavorative diverse, e quando condividiamo ciò che abbiamo imparato, sembra che stiamo lavorando insieme, anche a distanza. Ad esempio: se lei cuciva un abito per ballare la salsa, io stessa lo avrei potuto fare per quanto me ne aveva parlato. (ridono)

Separarci e poi rincontrarci rappresenta per noi un valore aggiunto, perché ci permette di creare qualcosa di nuovo e di unire le nostre esperienze.

Parliamo della vostra ultima collezione, la MA Collection, quali sono i vostri riferimenti, cosa vi ha ispirato e come siete arrivate dai primi 6 look ai 12 finali?

La prima parte della collezione, i primi 6 look, è stata confezionata in 25 giorni. È stata davvero una corsa contro il tempo, considerando che abbiamo iniziato il Master a gennaio, mentre gli altri studenti avevano già avviato i loro progetti. Così ci siamo dette: “proviamo a portare 6 look su 12”. Volevamo creare una collezione che rispecchiasse il nostro stile, sempre wearable, ma che seguisse la nostra linea creativa.

La collezione è profondamente ispirata a nostra madre, e ogni outfit rappresenta un ricordo legato a lei. Ad esempio, la nostra “Gonna Volante” (look 5/12, MA Collection) è evocativa di una gonna da ballerina, un sogno che lei ha sempre avuto, e il tessuto kilt che abbiamo scelto è uno dei suoi preferiti. Abbiamo intitolato la collezione “Heimat”, che significa patria o luogo natio, perché siamo originarie di un piccolo paese in Trentino. Volevamo esplorare il tema dell’identità personale anche in un contesto che può sembrare limitante, dove le convenzioni sociali impongono una certa routine. È stato interessante riflettere su questo, specialmente perché nostra madre ci ha condiviso le sue esperienze nel cercare di emergere come individuo in un ambiente che sembrava ostacolarla. Partendo da lei, che è la nostra musa, abbiamo voluto realizzare le sue ambizioni attraverso la nostra collezione.

Uno dei capi a cui teniamo di più è un pantalone blu denim, ispirato ai lederhosen, che abbiamo reinterpretato incorporando sul lato una zampa di cavallo, realizzata durante un workshop (Look 2/12, MA Collection). Questo pantalone, abbinato a un pezzo di knitwear, è entrato a far parte del Graduation Show. Il knitwear è ispirato ai classici motivi floreali delle stufe a olle; per noi è stata una sfida, abbiamo un approccio molto strutturale e imparare a lavorare la morbidezza del knitwear per creare volumi è stato impegnativo.

[Anna]: Poi c’è il trench marrone (Look 3/12 della MA Collection), che ha richiesto un tempo di lavorazione maggiore. Tre giorni prima del fashion show, questo capo non esisteva, io l’ho cucito, Silvia ha realizzato il pattern. Mi sono ritrovata a realizzare la gonna alle 3 di notte.

Questo design è ispirato a una foto di nostra madre mentre correva sotto la pioggia indossando un trench…

[interviene Silvia]: Lei mi ha raccontato che ogni volta che indossava quel trench si sentiva bellissima, abbiamo pensato: “Dobbiamo creare un pezzo semplice ma con un effetto wow.” Nella foto, sotto la giacca, aveva un maglioncino rosa, da qui l’idea di fare le fodere rosa.

Non credo ci sia modo migliore di spiegare l’istintività con cui realizziamo i nostri capi, gli elementi che istintivamente inseriamo e che li rendono nostri al 100%.

La sostenibilità è un aspetto centrale nel vostro lavoro. Come riuscite a bilanciare creatività e attenzione all’ambiente nei vostri progetti?

È molto complesso.

Da un lato, la sostenibilità è accessibile a tutti, ma molti tessuti completamente sostenibili tendono a essere più costosi rispetto ai materiali “tradizionali”, il che rende difficile l’approccio a pratiche veramente sostenibili. Tuttavia, riteniamo che la sostenibilità debba essere una responsabilità fondamentale, specialmente per noi in quanto studenti. Non ha senso non considerarne l’importanza. Prima di iniziare a disegnare, ci assicuriamo di visitare posti che vendono solo deadstock, per comprendere quali metrature di tessuto avremo a disposizione.

Per la MA Collection siamo andate a Prato, un fulcro del tessile dove ci sono molti negozi di deadstock. Il vero problema è riuscire a integrare le nostre idee creative con i tessuti disponibili, e spesso dobbiamo adattare la nostra visione iniziale. Il trench di cui abbiamo parlato è stato concepito in un modo, ma con solo 7 metri di materiale a disposizione, abbiamo dovuto rivedere il figurino. Apportare modifiche per rimanere sostenibili è una parte impegnativa del processo creativo, ma è un aspetto necessario della ricerca e della nostra crescita come designer.

In futuro, ci piacerebbe collaborare con aziende che condividono questa visione, anche se per ora ci arrangiamo con le risorse a nostra disposizione. Abbiamo avuto una bella esperienza con Bellandi, che ci ha fornito un bellissimo panno casentino blu elettrico, e ci sono aziende disponibili a lavorare con studenti, offrendo tessuti che altrimenti rimarrebbero inutilizzati.

Inoltre, il Polimoda ha un archivio di tessuti deadstock; ad esempio, il raso rosa che abbiamo utilizzato per la fodera del trench proviene proprio da lì. Abbiamo anche avuto l’opportunità di visitare negozi vintage per scegliere capi da riutilizzare: abbiamo trovato un biker rosso di cui abbiamo mantenuto la struttura per creare una nuova giacca. Il vintage è quindi una risorsa preziosa, soprattutto se non si ha molta esperienza in modellistica, poiché la struttura di un capo pre-esistente può diventare facilmente la base per un nuovo design, oltre al fatto che si riscoprono materiali e lavorazioni che sono diventati rari.

Parlando del dialogo tra musica e moda, chiedo quale colonna sonora immaginerebbero per accompagnare le loro collezioni e in che modo la musica influenza il loro processo creativo. Mi rispondono ridendo che in realtà mentre lavorano ascoltano True Crime, e aggiungono:

Se dovessimo però pensare a una colonna sonora per le nostre collezioni, la descriveremmo più come un forte rumore piuttosto che musica vera e propria. Il suono del vento che fischia all’interno di una galleria o il frastuono di auto che sfrecciano.

Per una delle nostre collezioni, siamo andate in un museo e abbiamo registrato il “rumore del museo”, notando come i suoni cambiassero radicalmente da una stanza all’altra. Così, la nostra colonna sonora ideale sarebbe un collage di rumori che si possono sentire in luoghi comuni.

In parte è anche perché, essendo in due, non c’è mai un vero momento di silenzio tra noi, e abbiamo bisogno di quella costante presenza sonora; senza di essa, ci sentiremmo profondamente a disagio.

Molti artisti musicali fanno attivamente sempre più parte del mondo della moda, c’è qualche artista con cui vi piacerebbe lavorare?

Ci piacerebbe lavorare con Chappelle Roan. È una performer straordinaria, capace di esplorare il mondo della moda da angolazioni innovative e di rivoluzionare il panorama dello show business. Esteticamente, rappresenterebbe una grande fonte di ispirazione per noi, ci entusiasma l’idea di vedere come reinterpretare i nostri capi.

Ce la immaginiamo già con la “Gonna Volante” o con la “Tovaglia Tirolese”.

Dove andranno Anna e Silvia? Cosa c’è nel vostro futuro?

Ci auguriamo di continuare a vivere questa esperienza insieme e di investire nel nostro progetto. In Italia la situazione è certamente complessa per diversi motivi, ma noi siamo fiduciose perché abbiamo tantissime idee e molto da offrire. Siamo convinte che troveremo il nostro spazio per emergere e raccontare le nostre storie.

La curiosità e la consapevolezza guidano il nostro approccio al mondo creativo, e con pazienza, siamo sicure che arriveremo dove vogliamo. Non c’è fretta.

Curated by Gianluca Gagliardi

Interview Valentina Tonini Bossi

Ph self-made by Anna and Silvia Cristofolini, Kodak FunSaver 35mm.

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