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Music

IN FOCUS: La Nature Festival | DJ MARIA

words: Mario Darchetti

photographer: Antonio Giancaspro

29.07

IN FOCUS: La Nature Festival | DJ MARIA

IN FOCUS: La Nature Festival | DJ MARIA

Nel panorama globale della musica elettronica, Dj Maria, originaria di Osaka e oggi residente a Tokyo, racconta una storia personale e sonora capace di trasportare l’ascoltatore oltre il quotidiano. Plasmata nell’energia della scena underground giapponese, la traiettoria artistica di Dj Maria intreccia acid, trance e techno in un viaggio che oscilla tra l’introspezione e la potenza dei bassi.

Il suo percorso, nato tra i vinili di Face Records a Tokyo e consacrato in produzioni come Inner Call, la sua più recente release a quattro mani con Audrey Danza, trova forza in un equilibrio raro: intensità viscerale e precisione assoluta.

Abbiamo avuto il privilegio di ascoltare Dj Maria dal vivo a La Nature Festival, in due set che hanno dissolto i confini tra sogno e realtà, tra lineup segreta e palchi immersi in un abbraccio collettivo fatto di musica e umanità. Ecco cosa ci ha raccontato.

Hai descritto la tua esperienza a La Nature Festival come “un sogno, pieno di rispetto, gentilezza e amore”. Cosa pensi renda davvero speciale questo festival rispetto agli altri?

La Nature è sembrato davvero come entrare in un sogno. Quest’anno, con la lineup tenuta segreta, la sensazione di surrealismo era ancora più forte. Non avevo idea che ci fossero ben cinque palchi finché non sono arrivata – e con grande sorpresa, ho ritrovato tanti volti familiari: amici artisti, colleghi, anche altri giapponesi. È stato un momento inaspettato e bellissimo.

Ogni palco aveva un’energia unica, e sia il suono che l’atmosfera e la curatela erano davvero eccezionali. Ma al di là della musica, ci sono stati attimi che mi hanno lasciato un segno profondo. Al calar della sera, le persone si raccoglievano naturalmente sul prato: sedute, a chiacchierare, a ridere, a guardare il cielo che cambiava colore. Un momento semplicissimo, ma straordinariamente poetico.

Soprattutto, però, ciò che ha reso questo festival così speciale sono state le persone. La gentilezza e il calore dello staff e del pubblico erano incredibili. Si percepiva un amore profondo e un rispetto autentico che attraversavano ogni angolo del festival. Era come far parte di una grande comunità, aperta, dolce, accogliente.

La Nature mi ha ricordato quanto sia importante non dimenticare mai l’amore e il rispetto in tutto ciò che faccio. È un messaggio che porto nel cuore.

Com’è stato passare da un set ambient nella Hypnose Room a una chiusura techno nella Clairière? Che tipo di connessione hai sentito con il pubblico in due momenti così diversi?

È stata un’esperienza davvero unica. Il set ambient, su quella collina con una vista così bella, è stato molto speciale. Sentivo che il pubblico ascoltava con cuore aperto e calma interiore, e questo mi ha permesso di suonare con grande serenità. Ho amato così tanto quell’atmosfera che sono tornata più volte alla Hypnose Room durante il festival. E la performance dei Fun Club Orchestra è stata semplicemente incredibile.

Poi è arrivato il closing set alla Clairière… e wow, l’energia era pazzesca. Ho dato tutta me stessa – ero completamente immersa nella musica! Mi sono talmente lasciata andare che ho tolto le scarpe e ho suonato scalza, ahah. Il senso di unità in quel momento era fortissimo, e vedere i sorrisi delle persone mi ha riempito di gioia. È stato un momento di pura felicità, che non dimenticherò mai.

Secondo te, quanto conta la visione e la dedizione di una comunità per rendere un evento davvero unico?

Conta tantissimo. La visione e la dedizione di una comunità sono fondamentali per creare un evento autentico. Quando chi organizza – dagli ideatori ai volontari – lavora con passione e uno scopo chiaro, si percepisce.

Crea un’energia che va oltre la musica. A La Nature, ad esempio, tutto sembrava fatto con grande intenzione e amore. Dalla curatela dei palchi al modo in cui ci si relazionava con il pubblico, c’era un senso profondo di cura e connessione.

È qualcosa che non si può fingere – succede solo quando l’intera comunità è allineata e veramente devota a creare un’esperienza significativa. Come artista, ti fa venire voglia di dare ancora di più in cambio.

Parliamo della tua musica: ci è piaciuta molto Inner Call, il tuo EP con Audrey Danza. Com’è nata questa collaborazione e cosa vi ha spinte a unire i vostri mondi sonori?

È iniziato tutto quando Audrey mi ha contattata per propormi una collaborazione. Ero entusiasta, sentivo che poteva nascere qualcosa di speciale, quindi ho detto sì subito.

Vivendo in luoghi diversi, non potevamo vederci spesso, ma ci siamo scambiate messaggi e tracce, fino a dare forma a Inner Call. Credo che il risultato finale trasmetta un’energia potente, viva, piena di forza.

Il tuo percorso musicale spazia dall’ambient alla trance, passando per il downtempo e la techno. Ti senti più a casa in dimensioni introspettive o in quelle più fisiche e pulsanti?

Bella domanda. In realtà amo entrambe le dimensioni – quella introspettiva e quella fisica – ma se dovessi scegliere, direi che mi sento più a casa quando sono totalmente nel corpo, in movimento con la musica.

Amo ballare. Faccio questo per quei momenti di picco sulla pista, quando tutto si allinea e ci si perde nel ritmo. È quell’energia che mi guida, è ciò che più mi attrae nella musica da club.

Detto questo, i set ambient hanno una magia tutta loro. Ti permettono di andare dentro di te, di esplorare spazi emotivi e meditativi più profondi – e anche questo lo trovo prezioso. È una connessione diversa, più intima, più riflessiva. Per me non si tratta di scegliere, ma di trovare un equilibrio tra questi due poli.

Il tuo brano Communicating with the Universe è stato pubblicato all’interno di un progetto benefico per l’Ucraina. Pensi che la musica debba avere sempre un ruolo sociale o politico, o per te è qualcosa che nasce più spontaneamente?

Non credo che la musica debba avere sempre un ruolo sociale o politico. Per me, il nucleo della musica è l’impatto emotivo e umano: come ci muove, come ci connette, cosa ci fa sentire. Questo è ciò su cui mi concentro di più.

Ma se la musica può andare oltre, aiutare qualcuno, offrire supporto o portare speranza nei momenti difficili – allora diventa qualcosa di davvero potente. Diventa una forma di cura. Mi piacerebbe poter contribuire in questo modo più spesso in futuro, usare ciò che faccio per aiutare quando il momento è giusto.

Dopo aver vissuto l’esperienza di La Nature, c’è qualcosa di nuovo che vuoi portare nella tua musica o nei tuoi set?

Assolutamente sì. La Nature mi ha ricordato quanto sia potente creare momenti che siano liberi ma anche connessi. Mi sento ispirata a esplorare ancora di più i contrasti dinamici nei miei set.

Voglio anche approfondire il legame con il pubblico. Il modo in cui le persone ascoltavano, si muovevano, condividevano energia a La Nature è stato davvero speciale. Mi ha fatto venire voglia di creare esperienze più intenzionali, in cui non si balla soltanto, ma si sente qualcosa di più profondo.

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