IN CONVERSATION WITH: YAS REVEN | t-mag

Stories
About
Store
Contact

Newsletter
Stockists
Newsstands

Language:

English |

Independent-tastemaker magazine
Old-fashioned paper, new media platform

Follow us

ig
sp
tt

©2025 All Rights Reserved

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok

Music

IN CONVERSATION WITH: YAS REVEN

words: t-mag

Nel percorso di Yas Reven c’è il Sud Italia, l’influenza di un padre DJ e un’attenzione quasi "architettonica" alla progettazione del suono. Perché ecco: oggi la incontriamo dietro le consolle, ma nella sua vita l'architettura ha avuto un ruolo importante, regalandole poi, una preziosa influenza nel metodo e nella progettazione, di quello che oggi è il suo suono. Tensioni oscure e aperture improvvise che sembrano seguire proprio bellezze architettoniche in grado di stupirti: strutture, stratificazioni, dettagli che emergono gradualmente.

21.02

IN CONVERSATION WITH: YAS REVEN

IN CONVERSATION WITH: YAS REVEN

Con l’EP Sudden Mist su Nerve Collect, Yas Reven ha affinato ulteriormente il proprio linguaggio, portandolo in territori più serrati e fisici, senza perdere la profondità emotiva che caratterizza le sue produzioni. Ma il suo sguardo non si ferma alla musica: nelle sue parole emerge una visione critica sulla scena elettronica italiana, sulla necessità di costruire un network più inclusivo e su un cambiamento che, sebbene in atto, deve ancora superare certe barriere strutturali.

Abbiamo parlato con lei di processi creativi, di tensione tra identità locale e respiro globale, di come la rappresentazione femminile non sia ancora abbastanza e di quanto le connessioni autentiche con le label e altri musicisti siano fondamentali per dare forma a un percorso solido.

Il tuo percorso nella musica elettronica è iniziato molto presto, nel sud Italia. C’è qualche musica tradizionale che ti è rimasta nel cuore e che in qualche modo ti ha influenzata?

Ho iniziato da molto piccola, sotto l’influenza di mio padre, che è anche lui DJ e un grande appassionato di musica. Fin da quando ero bambina, mi ha sempre fatto ascoltare musica, e quello è sicuramente l’elemento che più mi ha segnato, permettendomi di entrare in contatto con il mondo della musica elettronica. Non credo che la musica tradizionale salentina abbia avuto un impatto su di me, o almeno non consapevolmente, ma la figura di mio padre è stata sicuramente determinante.

La scena italiana della musica elettronica è in continua evoluzione, con un’identità sempre più sfaccettata. Qual è il tuo punto di vista sulla scena attuale? Quali sono i suoi punti di forza e cosa credi manchi ancora per un avere un respiro realmente internazionale?

La scena italiana della musica elettronica è in continua crescita e sta acquisendo un’identità sempre più sfaccettata, con artisti di talento che stanno portando avanti percorsi originali e distintivi. Tuttavia, rispetto ad altri paesi, noto ancora una certa chiusura: spesso si tende a lavorare in cerchie ristrette, senza un reale confronto o una volontà di apertura verso l’esterno.

Credo che uno dei principali limiti sia proprio la mancanza di una cultura della condivisione e del supporto reciproco. In altri contesti internazionali vedo una scena più coesa, dove gli artisti si sostengono a vicenda, collaborano e creano connessioni che permettono al movimento di crescere e farsi conoscere oltre i confini nazional

Per raggiungere un respiro più internazionale, l’Italia avrebbe bisogno di un maggiore scambio tra artisti, promoter e realtà diverse, di una mentalità più inclusiva e di un approccio meno individualista. Creare una rete solida e valorizzare il lavoro collettivo potrebbe davvero fare la differenza per far emergere il nostro potenziale sulla scena globale.

Il mondo della musica elettronica sta lentamente facendo passi avanti in termini di inclusività, ma essere una donna in questo settore significa spesso dover affrontare dinamiche di potere, pregiudizi e aspettative differenti. Durante il tuo percorso, hai mai sentito di dover dimostrare di più rispetto ai tuoi colleghi uomini? E quali credi siano le azioni concrete che la scena dovrebbe adottare per rendere l’ambiente più equo e accessibile?

Il mondo della musica elettronica, come molti altri settori, è ancora fortemente influenzato da dinamiche di potere e pregiudizi, soprattutto quando si parla di genere.

Fortunatamente, negli ultimi anni sta emergendo un movimento sempre più forte per cambiare le cose. Sono convinta che ci siano azioni concrete che la scena potrebbe intraprendere per rendere l’ambiente più equo e accessibile. Una maggiore coalizione tra donne e una rappresentanza più inclusiva nei club sarebbero passi fondamentali in questa direzione.

Nel mio percorso, soprattutto quando ero molto piccola, mi è capitato di essere chiamata per eventi non tanto per il mio sound, ma perché ero una ragazza. Questo rappresentava una sorta di valore aggiunto, faceva scena, perché all’epoca le donne erano davvero poche nel settore.

A volte mi sono sentita “usata”, ma come spesso accade, è stata un’arma a doppio taglio: mi ha dato visibilità e l’opportunità di dimostrare le mie competenze. Ancora oggi ricevo proposte per eventi che cercano esplicitamente una figura femminile, e a volte questa richiesta mi sembra un po’ forzata, più un atto di inclusione obbligata che una scelta spontanea e autentica.

Non se ne parla mai abbastanza: essere una donna nella musica elettronica comporta ancora delle sfide. Come hai vissuto il tuo percorso in questo senso e hai notato dei cambiamenti negli ultimi anni?

Essere una donna nella musica elettronica, così come in molti altri settori creativi, ha da sempre comportato sfide legate agli stereotipi di genere, alla scarsa rappresentanza e alle difficoltà di accesso alle opportuni

Negli ultimi anni, però, le cose stanno cambiando. Grazie a una maggiore consapevolezza, a iniziative di inclusione e a una comunità sempre più forte di artiste e professioniste, il panorama si sta trasformando.

Detto questo, le sfide non sono del tutto superate. Personalmente, mi ritengo fortunata: non ho vissuto esperienze negative dirette, anche se, da più giovane, sentivo la pressione di dover “performare” anche in quanto donna. Con il tempo, però, ho visto un’evoluzione positiva in questo senso.

Ciò che ancora oggi mi mette a disagio è la netta prevalenza maschile dietro le quinte dei club. Promoter, organizzatori, tecnici: il backstage è quasi esclusivamente popolato da uomini, e questa disparità si percepisce ancora chiaramente.

Nel tuo background c’è anche l’architettura ed infetti il modo in cui layeri le tracce sembra riflettere un approccio quasi architettonico al suono, con strutture stratificate e dettagli che emergono gradualmente. Qual è il tuo processo creativo quando lavori a una traccia?

L’architettura mi ha insegnato moltissimo, soprattutto il metodo e l’approccio alla progettazione. Proprio come in un progetto architettonico, quando inizio una traccia parto sempre da delle reference: analizzo gli elementi che mi colpiscono, la loro struttura, la stesura, e poi procedo in modo metodico nell’organizzazione del brano.

Tutto nasce da un input. Quando studiavo architettura, spesso partivo da un’immagine che mi ispirava e da lì sviluppavo la mia ricerca fino a definire un’idea. Con la musica il processo è molto simile: parto da una reference, esploro suoni affini o complementari e, attraverso questa ricerca, capisco la direzione che voglio prendere.

Sia in architettura che in musica, la fase di ricerca è fondamentale prima di iniziare qualsiasi progetto. Credo che questo sia uno degli aspetti più preziosi che mi porto dietro da quel percorso.

Il tuo EP “Sudden Mist” su Nerve Collect sembra muoversi tra tensione ed espansione, con una costruzione ritmica che gioca su elementi serrati e momenti più aperti. Come bilanci l’energia nei tuoi brani? Pensi alla risposta fisica della pista mentre produci o il flusso nasce in modo più istintivo emotivo?

Sudden Mist è un progetto molto complesso per me, il risultato di un anno in cui il mio sound si è affinato e ha preso nuove direzioni, avvicinandosi a sonorità più dark e allo stesso tempo incalzanti.

Quando ho iniziato a lavorarci, non ho pensato troppo al pubblico, devo ammetterlo. Ho semplicemente seguito il mio istinto e ciò che mi piaceva. La ricerca di percussioni scure e crude mi ha guidato nella creazione di un pacchetto di cinque tracce, alcune più adatte all’ascolto, altre più orientate al club. All’inizio pensavo di realizzare qualcosa di più ballabile, ma nel processo ho lasciato che la musica prendesse il suo corso, senza forzature. L’intento era creare qualcosa di deep, dark, tribale e incalzante. Se alla fine il risultato risponde anche alla pista, lo spero—ma soprattutto, volevo che rispondesse a me.

Se potessi descrivere la tua musica attraverso una serie di emozioni, quali sarebbero?

Direi eclettica, che rispecchia un po’ il mio modo di essere, energetica ed suggestiva.

Hai appena rilasciato su Nerve Collect, un’etichetta giovane ma già rilevante, che sembra avere una forte direzione curatoriale. Nel tuo percorso hai collaborato con diverse label, ciascuna con una propria identità e visione. Che tipo di rapporto instauri con le etichette e con i loro founder? Quanto conta per te il dialogo con chi pubblica la tua musica?

È fondamentale avere chiaro chi ti ispira musicalmente e dove vuoi arrivare. Personalmente, mi sono sempre avvicinata ad artisti che stimo profondamente, e lo stesso è successo con Job e Lauren. Conoscevo Job da tempo, avevamo già suonato insieme in passato, e ho sempre cercato un dialogo con lui perché ero molto affascinata dal suo sound e dal suo percorso. In modo del tutto spontaneo gli ho inviato alcune demo, e da lì è nato il progetto. Sono profondamente grata a Job e Lauren per aver creduto in me e per avermi dato l’opportunità di pubblicare su Nerve, che considero una delle migliori label in questo momento.

Lo stesso è accaduto con Martin di Earful of Wax, con cui ho collaborato per un V/ A, e con Roni di Nehza, dove uscirà il mio prossimo disco, Bolle.

Cerco sempre di lavorare con etichette che rispecchino il mio suono e di instaurare un rapporto diretto con i loro fondatori. Per me è essenziale conoscersi prima, creare una connessione e una stima reciproca, perché credo che il supporto reciproco sia la chiave per dare vita a progetti autentici.

La musica si basa profondamente sulle connessioni che creiamo e sulle nostre visioni, che ci avvicinano sempre di più ai nostri obiettivi.

Hai già portato la tua musica in contesti internazionali come Boiler Room e The Lot Radio. C’è una città o una scena musicale che ti ha particolarmente ispirata o dove senti che il tuo sound trova un affinità speciale?

Ultimamente ho suonato a Londra ed è stata un’esperienza straordinaria, come un click improvviso. Mi sono sentita subito a mio agio, accolta, amata, con una sensazione di pienezza indescrivibile. Ho percepito un pubblico aperto e pronto ad accogliere il mio suono, e dopo il set ho avuto l’opportunità di conoscere tante persone che, in modo spontaneo, volevano entrare in connessione con me. Questo per me è fondamentale. Ogni volta che ci penso, mi chiedo se dovrei provare a vivere lì.

Share

FB
X
IG

Related
Articles

AKIN – a new editorial story

AKIN – a new editorial story

22.03.25

IN CONVERSATION WITH: ABO ABO & TOMO from DE RIO

IN CONVERSATION WITH: ABO ABO & TOMO from DE RIO

Davide Urbani & Luca Morniroli

21.03.25

Nextones: nuovi nomi nella line up della sua dodicesima edizione tra Teatro e Natura

Nextones: nuovi nomi nella line up della sua dodicesima edizione tra Teatro e Natura

Giulia Massara

20.03.25

Email

Exploring the pulse of
culture since 2019.

where electronic music,
fashion and art collide.

©2025 t-mag

ig
sp
TT

Follow us

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok