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Music

IN CONVERSATION WITH: SARA PERSICO

words: Giulia Massara

27.03

IN CONVERSATION WITH: SARA PERSICO

IN CONVERSATION WITH: SARA PERSICO

Dimentichiamo le nostre coordinate spaziali e temporali; amplifichiamoci. Immergiamoci in un’apnea riflessiva sospesa tra l’attesa e l’impatto acustico di un’identità elettronica pura, tonica, grande. Al centro di un teatro interrato dal chiasso, in una circolarità liturgica, costruiamo, inventiamo un racconto, narriamolo seguendo la necessità di conquistare spazi liberi e sconosciuti. Attraversando l’anima delle cose, ricerchiamo quella più reale ed esoterica, più protetta nella sua astrazione.

Sphaîra è un disco che rinasce attraverso l’esplorazione della sua forza fisica. La natura del racconto che apre alle differenti visioni di una stessa, unica origine: Sara Persico, artista ambient che, spostandosi tra Italia e Berlino, lavora sulla tecnicità del sentimento: il suono, con lei, si trasforma!

Sphaîra, registrato all’interno del duomo di Tripoli, un teatro sperimentale, sembra suggerire, nella sua intenzione creativa, quanto l’invenzione seduca, come si riemerge da ogni forma di “frantumazione” culturale ed esistenziale, per elevarsi a nuova creatura, dentro un disco che dialoga con presenze assenti che definiscono un perimetro circolare con una tecnica di misura precisa.

Eppure, nulla è perfettamente matematico, tutto è estensione e frenesia, fino a diventare sperimentazione spaziale e consapevole percezione tra l’artista e la sua libera corrispondenza in tutte le undici tracce. Sphaîra è un disco forte, complesso. L’elaborazione dei materiali, la terra che si frantuma, il cielo che si divide, la pioggia che scende purificando verticalità contrarie, dritte, pronte a scendere e risalire. Un ritorno e un’andata. Sphaîra assorbe l’istante in chi ricerca assaggi remoti in un teatro libanese che ritorna ed entra nelle nostre dimensioni fisiche, tratteggiate da diversità fisionomiche di corpi individuali e collettivi.

Cresciuta artisticamente a Berlino, Sphaîra è il tuo secondo album che nel proporsi in una dimensione astratta e immersiva, indica, una metaforica leggiadria e una particolare cura del linguaggio sonoro. Vorrei che introducessi con una tua descrizione il racconto di Sphaîra.

Sphaîra è un album basato su field recordings registrati all’interno del duomo di Tripoli (Libano), un teatro sperimentale in pietra ideato dall’architetto brasiliano Oscar Niemeyer per la Rachid Karami International Fair. Il progetto includeva 18 strutture che avrebbero ospitato due milioni di visitatori all’anno, ma non è mai stato terminato a causa della guerra civile che scoppiò nel 1975.

Ho visitato la Rachid Karami International Fair di Tripoli per la prima volta nel 2022 insieme ad altri artisti con cui ero a Beirut per dei concerti. Siamo stati nel duomo per almeno due ore ad esplorarne le proprietà sonore, lo spazio ha una sua acustica unica. Sono poi ritornata l’anno dopo con attrezzatura per registrare, senza un piano preciso ma semplicemente con l’intento ottenere suoni da utilizzare nella mia musica. Una volta iniziato il lavoro, ho capito che il materiale aveva un’energia molto forte, e che richiedeva la mia piena attenzione.

L’elettronica è un linguaggio che si assume da sempre la responsabilità etica di un’arte dalla parola libera: sostenerla in un particolare contesto artistico, in questo momento, quanto è importante?

La musica, così come generi di musica elettronica ed elettroacustica, ha sempre avuto la capacità di esprimere e comunicare le emozioni più forti, diventando voce e linguaggio, narrando storie, collegando i tempi e lo spazio. È una forma d’arte ed espressione indispensabile ed è essenziale sostenerla.

L’album è il tuo secondo lavoro discografico; cosa unisce l’inizio e la continuità nei tuoi progetti, quale il legame?

Il mio EP di debutto Boundary rappresenta il climax di anni di sperimentazione e performance incentrati su improvvisazione vocale ed elettronica nel tentativo di espandere certi confini sonori.

Mentre Sphaîra è un album in cui mondi diversi convergono: la visione di Niemeyer attraverso l’architettura, il momento storico del Libano, il mio viaggio e la consapevolezza di voler esprimere ed esplorare in qualche modo ciò che avevo percepito all’interno del duomo.

Non sono interessata a mantenere necessariamente il filo del discorso nei miei lavori, soprattutto se ciò si traduce in una limitazione espressiva.

Che responsabilità ha in questo momento l’intuizione dell’artista e la sua evoluzione rispetto a un ambito culturale sempre più compromesso?

Ascoltare ed accogliere ciò che ci circonda. Nella narrativa di Sphaîra l’architettura emette un suono, la progettualità e l’intento pratico combinano il senso metaforico di una creatività che persiste nel tempo, sopravvivendo allo straripamento di un odio che condiziona l’umano. La sperimentazione si dirige nel tormento reale attraverso l’enfasi morale; la storia intima dell’album esprime la possibilità immaginativa di una rinascita del senso umano.

Nel tuo progetto sonoro “senso” e “immaginazione” quanto e in che modo entrano in contatto tra loro?

Credo che senso ed immaginazione siano percezioni personali nell’esperienza d’ascolto. Ciò crea una libertà ed una relazione intima con il suono che può trasformarsi nel tempo. Mi piace immaginare il duomo come uno spazio che fa risuonare la realtà in un suo modo, e la musica che ho composto ne è un’interpretazione.

Quale l’elemento di cui non puoi fare a meno in qualsiasi creazione che si installa nelle tue visioni sonore?

La voce è l’elemento che, sebbene si manifesti nella mia musica in diverse forme, funge da centro e legame.

Come ti poni all’interno di questo progetto rispetto alla crescita di una consapevolezza artistica sempre più eclettica? Quali i riferimenti culturali che danno vita e forma ai tuoi lavori?

Ho imparato molto lavorando a Sphaîra. In un certo senso il momento più importante per un artista è il processo di ricerca così come le innumerevoli fasi in cui ci si chiede quale sia la direzione giusta. I riferimenti culturali sono davvero tanti, ascolto e viaggio molto, cercando di tenere i sensi aperti non dando per scontato ciò che mi circonda.

Quale il brano a cui tieni particolarmente e la sensazione che vorresti trasmettere a chi ascolta Sphaîra?

Kairos (dal greco antico = il giusto tempo per agire) è un brano a cui tengo particolarmente; credo rappresenti il momento dell’album in cui la luce e l’oscurità che si avvertono nella presenza del duomo convergono e coesistono.

Sphaîra è il nuovo album di Sara Persico uscito su tutte le piattaforme il 4 febbraio 2025 per Subtext/Multiverse.

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