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IN CONVERSATION WITH: MODULAW

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“The Songweaver” è in perpetua metamorfosi

01.03

IN CONVERSATION WITH: MODULAW

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C’è qualcosa di ineffabile nel suono quando si sottrae alla sua forma fissa, quando rifiuta di essere solo registrazione o composizione e si trasforma in un organismo fluido, in costante ridefinizione. È in questa dimensione instabile che si muove The Songweaver, un progetto che dissolve le categorie tradizionali della performance e dell’ascolto per costruire uno spazio sonoro permeabile, in cui memoria e presenza, materia e assenza si intrecciano.

Frutto di un dialogo continuo tra linguaggi e geografie, The Songweaver esiste simultaneamente come registrazione, performance live e opera audiovisiva, con il suono che si espande e si riconfigura attraverso collaborazioni e contesti in mutamento. Il risultato è una pratica che non si limita a esplorare il timbro e la struttura musicale, ma che interroga la stessa ontologia della voce, dello spazio e del tempo.

Il 1° marzo, The Songweaver porterà questa esplorazione sonora a 100__ve, nella cornice di Combo Venezia, in collaborazione con Rocket Radio e Carhartt WIP. Un evento che continua a tracciare una linea di connessione tra avanguardia elettronica e culture musicali emergenti, creando un contesto in cui le energie si mescolano e l’inaspettato prende forma. In un ambiente aperto alla sperimentazione e alla riscrittura delle coordinate sonore, la performance diventa un territorio di attraversamento radicale, dove il suono non si limita a essere ascoltato, ma viene vissuto, abitato, riscoperto.

La collaborazione è al centro di The Songweaver, con artisti di diversi continenti che ne plasmano l’identità sonora. Quando ti esibisci da solə, porti con te le tracce di queste collaborazioni? Come emergono queste influenze globali nelle tue performance dal vivo?

Sì, anche quando mi esibisco da solə, queste collaborazioni rimangono impresse nella musica. Le voci, i ritmi e le texture dei miei collaboratori diventano artefatti sonori che continuano a esistere oltre le registrazioni originali. A volte emergono sotto forma di frammenti campionati, altre volte vengono trasformati tramite la sintesi o reinterpretati in nuovi contesti. Queste influenze agiscono come elementi costitutivi di un universo sonoro più ampio—uno spazio in continua evoluzione. L’idea è creare un ambiente in cui codici musicali diversi coesistano, si mescolino e si ricombinino in modi che superano i confini tradizionali dei generi.

La voce in The Songweaver è trattata come qualcosa di più di un semplice testo o melodia—è frammentata, spettrale, fluida. Cosa ti attrae di questo approccio e come influenza l’esperienza emotiva dell’ascoltatore?

Vedo la voce come un portale—qualcosa che esiste tra presenza e assenza, tra memoria e realtà. Porta con sé l’espressione umana, ma quando viene elaborata, frammentata o sintetizzata, diventa anche qualcosa di oltre l’umano. Questo slittamento ontologico mi affascina: dove inizia la voce e dove si dissolve in qualcos’altro? Sfumando questi confini, voglio creare un’esperienza in cui l’ascoltatore venga immerso in un mondo in cui le voci fluttuano come echi, familiari ma irraggiungibili. Questa fluidità permette molteplici interpretazioni emotive, a seconda di come ciascun ascoltatore si relaziona al suono.

Considerando il tuo background nella composizione elettroacustica e nel lavoro multimediale, quale sarebbe lo spazio ideale per presentare The Songweaver? Se potessi creare l’ambientazione perfetta—che sia un club, un’installazione o altro—come sarebbe e che atmosfera avrebbe?

Immagino The Songweaver come un ambiente immersivo e multidimensionale, in cui il suono si muove liberamente nello spazio. Idealmente, sarebbe presentato in un contesto con un sistema di diffusione multicanale, dove diversi elementi emergono da ogni direzione, creando un’esperienza completamente spazializzata. Supererebbe il confine tra installazione e performance, permettendo al pubblico di navigare nella musica anziché limitarsi ad ascoltarla passivamente. Luci, visual, scenografia e suono spazializzato sarebbero interconnessi, formando un ecosistema dinamico in cui il suono costruisce e decostruisce la propria architettura in tempo reale.

Il 1° marzo suonerai a 100__ve, nella splendida cornice di Combo Venezia, insieme a Rocket Radio e Carhartt WIP. Sarà la tua prima volta in Italia?

Sarà la mia seconda volta—ho già suonato a Torino per il Radio Blackout Festival nel 2023. Dato che questa sarà una performance in formato DJ set, avrò la libertà di esplorare un lato diverso del mio universo musicale. Non vedo l’ora—l’Italia ha una cultura musicale ricca e diversificata, e suonare in un nuovo spazio influisce sempre sull’energia del set. C’è uno scambio che avviene, in cui il pubblico e l’atmosfera modellano il modo in cui la musica si sviluppa.

100__ve è uno spazio in cui diverse energie e sonorità si scontrano con un vero spirito sperimentale. Cosa ti entusiasma di più nell’idea di portare la tua musica in questo contesto? C’è un’atmosfera o un’energia particolare che speri di creare con il tuo set?

Ciò che mi entusiasma di più è l’apertura alla sperimentazione. Questo set esplorerà gli universi musicali intorno a The Songweaver, con un’enfasi particolare sul suo lato più elettronico ed energico. I miei set spesso attraversano diverse fasi e generi, mantenendo però una firma sonora riconoscibile. Voglio creare un viaggio che si muova tra momenti immersivi e atmosferici e passaggi ad alta intensità—dove tensione e rilascio, ritmo e spazio, giocano un ruolo nel plasmare l’esperienza.

Cosa pensi di questa nuova, ritrovata importanza della radio nella crescita di un artista?

Oggi la radio è più di una semplice piattaforma di trasmissione—è diventata uno spazio di curatela, ascolto profondo e narrazione sonora. In un’epoca in cui le piattaforme digitali spingono un flusso infinito di contenuti, la radio offre un modo più intenzionale di vivere la musica. Aiuta anche a costruire ecosistemi musicali, in cui gli artisti possono esistere all’interno di un contesto piuttosto che come tracce isolate in una playlist. Per progetti come The Songweaver, che esplorano l’ontologia del suono e l’ascolto multidimensionale, la radio rappresenta un mezzo ideale per espandere queste idee oltre il formato tradizionale dell’album.

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