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Music

In conversation with: Goooose

words: Nicola Sabatini

Gooooose, alias Han Han, è un musicista, artista visivo e sviluppatore di software originario di Shangai, di cui, a seconda della vostra curiosità, fortuna e passione per la musica, potreste o meno aver sentito parlare. Se sì, potete saltare questa introduzione e immergervi in un’intervista sui generis, che racchiude musica, vita, creatività e sottili riflessioni filosofiche in poche righe di dialogo registrate contro l’alto volume di una serata romana al suo apice (shoutout a Hyperacustica + Klang per un altro evento brillante). Se no, sicuramente non sapete come nemmeno Goooose stia conquistando la nicchia dell'elettronica sperimentale dalla sua prima release, nel 2017, con il suo album di debutto "They".

04.07

In conversation with: Goooose

In conversation with: Goooose

Gooooose, alias Han Han, è un musicista, artista visivo e sviluppatore di software originario di Shangai, di cui, a seconda della vostra curiosità, fortuna e passione per la musica, potreste o meno aver sentito parlare.

Se sì, potete saltare questa introduzione e immergervi in un’intervista sui generis, che racchiude musica, vita, creatività e sottili riflessioni filosofiche in poche righe di dialogo registrate contro l’alto volume di una serata romana al suo apice (shoutout a Hyperacustica + Klang per un altro evento brillante).

Se no, sicuramente non sapete come nemmeno Goooose stia conquistando la nicchia dell’elettronica sperimentale dalla sua prima release, nel 2017, con il suo album di debutto “They“.

La produzione musicale di Han Han, in breve, è una fusione energica di ritmi da club, paesaggi sonori ambient e texture intricate, che intreccia ritmi sincopati fortemente sintetizzati per dare forma a ricerche sonore squisitamente esplorative.

Il suo ultimo album, “Rudiments“, uscito lo scorso luglio per SVBKVLT, è un potente promemoria del fatto che la sua musica rifiuta qualsiasi categorizzazione limitante: è piuttosto un approccio spontaneo e rivoluzionario alla creazione artistica, sempre pronto a cambiare forma in qualsiasi momento, seguendo i capricci di una mente creativamente insonne.

La capacità di Goooose di trascendere i muri (musicali) tradizionali diventa ancora più evidente sia nelle sue esibizioni dal vivo in tutto il mondo, dalla Germania (CTM, Berlino) all’Uganda (Nyege Nyege, Kampala), sia nella sua impressionante varietà di collaborazioni.

Dal suo album di debutto, il viaggio sonoro in Occidente di Han Han ha preso forma come un’avventura attraverso un caleidoscopio di generi e culture, producendo un ricco arazzo di suoni e composizioni innovativi.

Dal 2017, ha composto musica per artisti, fashion brands e film, contribuendo a progetti come “Vortex” di Zhang Ding, le opere VR di Andrey Boleslavsky al CAC Art Center, nonché collaborando con stilisti come Zhang Da (Boundless) e Wang Hao Min (Zuczug, WHM).

Questo notevole volume di contaminazioni artistiche e apertura è forse ciò che rende “Rudiments” così irresistibilmente ineffabile, quasi al punto di risultare elusivo.

Mentre alcuni artisti preferiscono prendere per mano gli ascoltatori, guidandoli in un rilassante safari del loro cosmo musicale, Goooose sembra sfidarci a trovare una pista da soli, proponendo una serie di fluttuazioni e metamorfosi sonore instabili, che non ci concedono tempo per adattarsi o controllare nulla, nemmeno le nostre aspettative.

Come nel mezzo di un fiume in piena, si può nuotare controcorrente o arrendersi al suo eccentrico, ma rinfrescante, cullare.

Prima della sua esibizione per Hyperacustica, collettivo romano in ascesa grazie alla sua vibe elettronica underground, abbiamo intrattenuto una conversazione approfondita con Goooose sul suo processo creativo, sull’impatto delle sue esperienze globali e sui suoi progetti futuri. La nostra discussione ci ha offerto uno sguardo nella mente di un artista il cui avanguardismo non è il solito prodotto musicale prêt-à-porter, costruito per sembrare diverso piuttosto che esserlo veramente, ma la conseguenza naturale di una autentica fame per la sperimentazione e per quanto d’inesplorato si possa ricercare attraverso il suono.

In altre parole, arte.

I: La tua musica fonde ritmi da club, paesaggi sonori ambientali, trame fortemente sincronizzate e mezzi semplici. Come riesci a ottenere armonia tra questi diversi sentimenti nelle tue composizioni?

G: Inizialmente, il mio amore per generi diversi mi ha portato a mescolarli musicalmente, concentrandomi su aspetti come frequenza o scala. Tuttavia, questo approccio è diventato troppo tecnico, quasi scientifico, e paradossalmente, meno musicale. Recentemente, ho adottato un processo più intuitivo. Se suona bene, vado avanti e lascio che fluisca naturalmente.

I: In altre parole, preferisci seguire il tuo istinto.

G: Esattamente. Anche se le mie esperienze passate influenzano le mie decisioni, ora mi affido più all’intuizione. Se penso che un drum hip-hop possa funzionare con un elemento di rumore, lo seguo. Si tratta di credere nelle proprie scelte, anche se potrebbero essere sbagliate.

I: Hai suonato in locali in tutto il mondo. Queste esperienze hanno influenzato la tua musica e il tuo approccio? Ti hanno arricchito?

G: Viaggiare apre la mente. Sfida le nozioni preconcette. Nel mio caso, mi ha insegnato ad apprezzare generi che una volta avrei potuto disprezzare. Incontrare persone e vivere culture diverse mi ha reso più aperto e meno prevenuto. Se non vai da qualche parte, hai sempre questa immaginazione del luogo, giusto? Una volta lì, ti rendi conto che non è come immaginavi. A volte porto quell’esperienza nella musica. Quando penso alla trap music o all’hip hop, hai nozioni preconcette finché non fai effettivamente quel tipo di musica. Non lo saprai mai finché non lo provi. Per esempio, alcuni amanti della sperimentale odiano la techno. La mia convinzione è: fai una traccia techno e vedi se è noiosa. Lo stesso vale per i fan della techno. Se pensi che il rumore sia una sciocchezza, crea del rumore e vedi come va. Viaggiare mi ha dato qualcosa del genere. Ho smesso di odiare certa musica. Mi ha reso meno prevenuto, credo, perché tutti sono un po’ prevenuti finché non incontri le persone. Poi ti rendi conto che non è affatto come pensavi.

I: Non sei solo un musicista, ma anche un artista visivo e sviluppatore di software. Come si intersecano questi ruoli con la tua musica e il tuo processo creativo?

G: Nel tempo sono diventato più estroverso. Quando faccio musica, spesso penso agli elementi visivi e alle possibili collaborazioni. Usando strumenti come Max MSP, integro musica e immagini. Puoi inviare informazioni tra musica e immagini, collegarle insieme. A volte, sviluppo software per ottenere funzioni specifiche che i plugin esistenti non offrono. Non lo consiglierei perché non è efficiente in termini di tempo e, infatti, sono grato di avere il tempo per farlo. È successo naturalmente perché trovo che sia un approccio estremamente interessante, e mi permette di creare qualcosa di unico.

È molto simile a creare una ricetta personale: se ti piace il cibo, ce ne sono mille tipi diversi, ma hai il tuo gusto specifico, quindi decidi di fare il tuo. Ci vuole tempo e devi comprare certe cose. È una tua scelta. Nessuno è meglio dell’altro, ma è la tua ricetta.

A volte la gente la odia anche, ma non posso farci nulla. Quella è la mia ricetta.

I: Hai composto per vari artisti, marchi e progetti cinematografici. Come differisce questo dal lavorare su un album personale?

G: Per i progetti, di solito metto da parte il mio ego. È una collaborazione e solo a volte negozio più fermamente per includere un po’ del mio stile. Nei progetti personali, invece, sono solo io. Non penso nemmeno a chi lo ascolterà.

Detto questo, la mia zona di comfort per le collaborazioni in generale è la fiducia reciproca. Se incontro qualcuno e immediatamente c’è fiducia reciproca, allora mi butto. A volte, anche se è un buon progetto, se non sento quella connessione, so che potrebbe andare male. È molto intuitivo. La cosa più importante per me è sentire che possiamo parlare e risuonare.

I: La tua produzione musicale è incredibilmente diversificata. Come coinvolgi sia i nuovi che i vecchi ascoltatori con ogni nuovo progetto?

G: Onestamente, non lo so. È una domanda di cui voglio sapere la risposta!

Immagino che alcune persone che continuano a prestare attenzione alla mia musica potrebbero essere strane. O forse apprezzano davvero la sua natura libera. Mi piacce la libertà, ma dove tracciare una linea?

Questa domanda mi tormenta. Per questo motivo, ora mi fido più della mia intuizione, dato che alcune cose non possono essere risolte analiticamente. Con molti strumenti analitici avanzati a nostra disposizione, essere fedeli a sé stessi diventa ancora più importante. Ad essere onesti, penso che siamo diventati tutti troppo analitici. Ora che abbiamo lo strumento analitico definitivo, l’intelligenza artificiale, perché preoccuparsi?

Dovremmo semplicemente essere noi stessi.

I: Come integrare gli elementi visivi migliora la narrazione musicale?

G: Il mio processo inizia con un’impressione del set musicale; penso a quale tipo di immagine si adatta a una certa parte. Poi uso Blender – il mio strumento principale in questo momento – per creare immagini, spesso modificando e sperimentando, e questo di solito porta a quello che chiamo ‘incidenti felici’.

Ciò significa, la maggior parte delle volte, che non ottengo ciò che vorrei. Ma non è del tutto un errore perché parte da quello che voglio e mi porta completamente altrove. Se fossi davvero bravo con Blender, farei tutto in modo accurato e preciso, ma non sarebbe affatto divertente. Questi esperimenti visivi possono ispirare cambiamenti nella mia musica. È un processo iterativo che fonde idee iniziali con risultati inaspettati.

I: Come è evoluto il tuo percorso artistico dal tuo primo lavoro a oggi?

G: Inizialmente, credevo che gli strumenti facessero tutta la differenza. Con il tempo, ho capito che la differenza principale viene da dentro, se stai crescendo ed evolvendo come persona e come artista. Quello che chiedo a me stesso è: sto evolvendo?

Ma penso che dovrebbe valere per tutti. Se non sto crescendo, farò sempre le stesse cose. Ciò che conta è ciò che sento nel presente. Sperimentare, con o senza strumenti, è interessante solo per il momento in cui mi trovo. Potresti dire che ora credo di più nei sentimenti. È un processo più spirituale, ma non in modo astratto. In modo reale, sostanziale.

I: Avendo vissuto varie scene underground, partendo dalla scena cinese fino a quella italiana, quali differenze percepisci? C’è un valore unico in queste scene?

G: Ci sono somiglianze; diversi club si rivolgono a culture diverse, creando una scena underground ricca e diversificata. Una comunità ha sempre bisogno di uno spazio, e la parte migliore è la comunità che la gestisce. Cinque anni fa, avevamo posti simili a Shanghai, ma ne abbiamo persi alcuni a causa della pandemia. Ora è un po’ diverso, ma la gente sta cercando di rifarlo. Penso che succederà di nuovo. Sono ottimista.

In ogni caso, la parte centrale è avere un posto per la comunità. Se ovunque ha un posto come questo, andrà bene. Possiamo tornare a una parola base: club. Cos’è un club?

Un gruppo di persone con gli stessi interessi seduti insieme. Questo è ciò che significa un grande club. Ora, molti club sono più orientati all’intrattenimento, ma un club dovrebbe essere per persone specifiche. Se suona EDM, dovrebbe essere per chi ama l’EDM. Questo è un club. Potrei essere estremo, ma questo significa culture. Qui (Al Muretto San Lorenzo), il focus è più sull’elettronica underground, quindi è un club. Questo è ciò che chiamiamo cultura. Club diversi con focus diversi.

I: Con il tuo vasto background nell’uso della tecnologia nell’arte, quali progetti futuri stai pianificando?

G: In questo momento, sto esplorando un progetto di collaborazione per uno spettacolo sul furto di antichità e il recupero da parte della polizia.

A lungo termine, personalmente voglio coinvolgere più persone reali, come i ballerini, piuttosto che fare affidamento esclusivamente sui computer. L’interazione umana porta un’energia che nell’interazione digitale si perde completamente. L’elemento umano aggiunge imprevedibilità ed adrenalina al processo creativo anche durante la performance dal vivo, perché devi collaborare e cooperare con altri, e non puoi mai sapere cosa farà l’altro con assoluta certezza.

Credo che la musica dal vivo non possa essere solo una persona circondata da computer. Questo è esattamente ciò che penso manchi ora. Se potessi vedermi suonare, non sarei così

impressionato. Ma quando molte persone lavorano insieme per creare una performance artistica dal vivo, quello è davvero emozionante. E la loro intangibilità e imprevedibilità sono proprio ciò che renderebbe questo tipo di performance così grande.

I: Non interazione uomo-computer, più come interazione uomo-uomo.

G: Esattamente. Questa è la prossima svolta, perché ora siamo troppo digitali. Questo pensiero binario è un riflesso della digitalizzazione. Gli esseri umani sono più di questo. Ci sono così tante sfumature di grigio.

Spero, in futuro, di esplorare quelle sfumature.

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