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Music

IN CONVERSATION WITH: EL KONTESSA

words: Giulia Maria Scrocchi

28.04

IN CONVERSATION WITH: EL KONTESSA

IN CONVERSATION WITH: EL KONTESSA

Il Cairo non è solo una città: è un organismo vivente, un nodo di energie che si scontrano e si intrecciano in un flusso continuo. In questo caos sonoro, tra il richiamo del Muezzin e i bassi distorti dei club clandestini, emerge El Kontessa—producer, DJ e artista visiva che attraversa i confini tra generi e linguaggi. Il suo suono è un riflesso diretto del suo ambiente: poliritmico, viscerale, impossibile da incasellare.

Con “Nos Habet Caramel”, El Kontessa distilla l’energia di una città in perenne trasformazione in sette tracce che sfidano ogni categorizzazione. Un viaggio che fonde Jersey Club, Gqom e Mahraganat con un’estetica personale, sempre in bilico tra tradizione e sperimentazione. Ma il suo percorso va oltre il suono: con performance su palchi come quello del Nyege Nyege e di Boiler Room, e apparizioni su NTS e Rinse FM, incarna una nuova generazione di artisti arabi che rifiutano etichette e riscrivono le regole della scena globale. In questa intervista, esploriamo il suo approccio alla creazione, la sua visione della scena musicale araba e il futuro di una musica che non conosce confini.

“Nos Habet Caramel” condensa l’energia vibrante del Cairo in sette tracce che sembrano sfuggire a qualsiasi categorizzazione. Come descriveresti il tuo approccio alla creazione musicale e in che modo la tua identità artistica si riflette in questo album?

Il mio processo creativo è un po’ come uno yo-yo—cambia e si evolve continuamente. Questo album riflette naturalmente questa dinamica. Di solito parto da un’immagine visiva, spesso dipingo come parte del mio processo, e dedico molto tempo all’ascolto profondo. Inoltre, abbraccio un approccio massimalista alla vita, e questo si riflette nel sound dell’album. Vivere al Cairo ha un’influenza enorme sulla mia musica: l’energia della città, il suo paesaggio sonoro, sono intrecciati in ogni traccia.

Cosa vorresti che la scena musicale facesse di più per supportare gli artisti emergenti?

Mi piacerebbe vedere più etichette e finanziamenti per progetti a sostegno dei musicisti emergenti. In particolare al Cairo, c’è un bisogno reale di più club che accolgano musica alternativa—al momento ce n’è solo uno, ed è piuttosto deludente. Più spazi per permettere agli artisti di esibirsi e sperimentare farebbero davvero la differenza.

Generi locali come il Mahraganat hanno risuonato oltre i confini egiziani. Pensi che il crescente interesse internazionale per questi suoni stia influenzando il modo in cui vengono percepiti o prodotti nel mondo arabo?

Non credo che l’interesse internazionale stia influenzando il modo in cui questi generi vengono prodotti localmente. In Egitto, il suono è molto personale—ogni artista Mahraganat porta qualcosa di unico, permettendo al genere di cambiare ed evolversi. I confini esistono nella realtà, e per gli artisti egiziani non è sempre facile attraversarli.

La tua musica fonde influenze globali, dal Jersey Club al Gqom, con i ritmi del maqsoum e del mahraganat. Pensi che questa fusione rifletta un’evoluzione culturale all’interno del mondo arabo o è più semplicemente l’espressione della tua visione personale?

È una cosa molto personale. La mia musica nasce dalle mie esperienze, dalle mie influenze e dalla mia visione, più che dal tentativo di rappresentare un cambiamento culturale più ampio. Ovviamente, le culture sono in continua evoluzione, ma per me questa fusione è semplicemente il riflesso di ciò che risuona con me a livello creativo.

I poliritmi accelerati e i campioni vocali di “Nos Habet Caramel” creano un’esperienza sonora effimera e stratificata. Come affronti il processo di campionamento?

Registro molto e poi campiono il materiale tecnicamente in un secondo momento, anche se alla fine può suonare completamente diverso. Anche l’elemento visivo gioca un ruolo importante nel mio processo—mi aiuta a decidere quali parti scegliere e come plasmare il suono finale.

C’è una performance live o un evento che ha segnato particolarmente il tuo percorso? Cosa significa per te tradurre la tua estetica musicale in un’esperienza dal vivo?

La mia ultima performance al Cairo, al Cairo Jazz 610 per il decimo anniversario di Simsara, è stata incredibile. Mi sono davvero divertita—mi sono sentita libera, ed era da tanto tempo che non provavo quella sensazione.

Se dovessi disegnare la tua musica, quale sarebbe il risultato? (Se vuoi, disegnala e mandacela). Quali colori avrebbe?

Omg, adoro questa domanda! In questo momento, la mia musica sarebbe una composizione di tanti blocchi in colori sia accesi che sbiaditi—verde, rosa shocking, giallo, grigio, rosso e viola—intersecati da linee nere, spesse e aggressive, disegnate in modo casuale. Sono un po’ arrabbiata adesso lol.

Come vedi evolversi la tua musica nei prossimi anni? Continuerai a lavorare con questa estetica o senti il bisogno di esplorare nuove direzioni?

Vedo sempre la mia musica evolversi in nuove direzioni, ma spero che continui a riflettere la mia personalità, ovunque vada.

Che consiglio daresti ai giovani artisti della scena musicale araba che vogliono sperimentare e portare la loro musica oltre i confini regionali?

Sii te stesso. Rimani fedele al tuo suono, sperimenta senza paura e non limitarti alle aspettative—crea solo ciò che senti giusto per te.

<a href="https://bilnaes.bandcamp.com/album/nos-habet-caramel">Nos Habet Caramel | نص حبة كراميل by El Kontessa الكونتيسة</a>

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