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Music

IMO: CRX FESTIVAL

words: Davide Urbani

12.09

IMO: CRX FESTIVAL

IMO: CRX FESTIVAL

Elettro-echi nelle Cave di Fantiano

Tra gli ulivi secolari e le distese di campagna che si estendono verso l’orizzonte, la Puglia mostra un volto fatto di paesaggi semplici e potenti. È qui, a Grottaglie, che per la prima volta ha preso vita il CRX Festival, scegliendo come scenario le maestose Cave di Fantiano. Le pareti rocciose, l’apertura sul paesaggio pugliese e la qualità acustica unica hanno trasformato ogni performance in un’immersione totale.

Il cuore fisico di CRX Festival ha preso forma attraverso due stage distinti, ciascuno pensato per rispondere all’esigenza di integrare ed orientare perfettamente la dimensione dell’ascolto allo spazio che si sta abitando.

Il Cava Stage, incastonato nella parte più profonda delle cave, sembrava emergere direttamente dalla materia rocciosa che lo circondava. Le sue proporzioni naturali, il riverbero della pietra, l’ombra costante e densa hanno creato le condizioni ideali per una fruizione più introspettiva e attenta. Qui il suono trovava spazio per espandersi e sedimentare, sostenuto da un impianto audio preciso e da un disegno luci misurato, mai invasivo. Il risultato era uno spazio sospeso, adatto ad accogliere set in cui il dettaglio sonoro, il ritmo spezzato o la stratificazione ambientale potevano respirare, senza fretta. Di tutt’altra intensità l’Octa Stage, che occupava l’area esterna con una struttura pensata per incarnare l’idea stessa di dancefloor. Nato dalla collaborazione tra Post Disaster Rooftops e Scaff System, l’allestimento combinava funzionalità e una forte identità visiva. Le geometrie metalliche leggere, sospese, aperte al cielo, non solo restituivano un’estetica riconoscibile ma rispondevano a precise necessità climatiche e logistiche: ventilazione naturale, fluidità nei movimenti del pubblico, tenuta acustica. Le luci disposte in diagonale, il gioco di ombre e aperture, la disposizione circolare del palco, tutto sembrava pensato per moltiplicare le possibilità di relazione tra spazio, suono e corpo. L’efficacia di questa costruzione si è fatta evidente già dai primi set serali, quando la densità sonora si è tradotta immediatamente in movimento collettivo, in un’energia che non ha mai perso ritmo.

La line-up del festival ha rivelato una visione curata e consapevole, capace di restituire uno spaccato preciso delle nuove traiettorie dell’elettronica contemporanea. Più che inseguire le tendenze del momento selezionando act dal facile appeal per l’audience, il festival ha scelto artisti in grado di costruire un linguaggio proprio, riflesso di una scena sempre più stratificata e transdisciplinare.

Nell’arco delle due giornate, il Cava Stage si è affermato come lo spazio più adatto a ospitare live set dilatati, costruiti per stratificazione e immersione, in ascolto diretto con il paesaggio e l’architettura della cava. Qui, Heith ha guidato il pubblico in una dimensione meditativa e profondamente atmosferica, lavorando su timbri e transiti interiori. Ikävä Pii ha invece portato il suo approccio intimo e minimale, costruendo un ambiente rarefatto, fatto di silenzi attivi e dettagli micro-sonori. Dis Fig ha costruito un paesaggio sonoro abrasivo, in cui bassi profondi, distorsioni controllate e momenti di vuoto apparente hanno tenuto il pubblico in una sospensione d’ascolto. A queste si sono affiancate performance più cinetiche: Badsista, con un set vibrante e radicato, ha mescolato baile funk, techno e urgenze sociali in un linguaggio diretto e militante. Mun Sing ha destrutturato il formato stesso del live set, proponendo una narrazione ritmica iper-cinetica al limite fra l’appagante e il disorientante, mentre Not Mass ha lavorato su contrasti di densità e vuoto, spingendo il suono verso una fisicità essenziale e profonda.

L’Octa Stage ha incarnato una dimensione fortemente orientata alla dancefloor, con una selezione musicale curata e capace di mantenere viva l’attenzione sia dei più dediti alla pista che degli ascoltatori più esigenti. Il b2b tra Alex Palmieri e Viola ha proposto un set equilibrato, in cui groove profondi e bassi calibrati si sono alternati a momenti più leggeri, mantenendo una tensione costante e una dinamica ben gestita che ha accompagnato il pubblico per tutta la durata della loro esibizione. Agostino ha presentato un approccio più sperimentale, giocando con ritmiche meno convenzionali e una tessitura sonora più complessa, offrendo un set che invitava all’ascolto attento e a una percezione più profonda del suono. In questa dimensione si inserisce il suo lavoro di ricerca sul folklore pugliese, in particolare sulla pizzica e le sue reinterpretazioni elettroniche, che attraverso il progetto Turbo Sud e produzioni come Zona Sisri rilegge in chiave contemporanea, intrecciando memoria sonora e innovazione con grande sensibilità. Mentre El Uto Nino ha portato sul palco un mix di influenze elettroniche e sonorità che richiamano atmosfere più rituali e suggestive, dando vita a una performance in cui ritmo e atmosfera si sono intrecciati per accompagnare il pubblico in un’esperienza collettiva e immersiva.

Il CRX Festival si è presentato come un progetto coerente e ben strutturato, capace di valorizzare un luogo dal forte carattere naturale attraverso una proposta musicale di qualità e ben calibrata. La scelta delle Cave di Fantiano non è stata soltanto estetica: ha influito in modo decisivo sulla resa sonora e sull’atmosfera generale, definendo un’esperienza che ha saputo muoversi con efficacia tra momenti di ascolto e occasioni di movimento. A rendere ancora più significativo l’evento è stata la visione coraggiosa di portare in Puglia una line-up di respiro completamente internazionale, all’altezza dei migliori festival europei non convenzionali, dimostrando ambizione culturale e capacità organizzativa non comuni nel panorama locale.

Nonostante la sua riuscita complessiva, è importante riconoscere anche le difficoltà strutturali che un progetto di questo tipo affronta nel contesto pugliese. Portare una proposta musicale così ambiziosa e internazionale in una regione spesso penalizzata da carenze infrastrutturali, soprattutto in termini di trasporti pubblici e accoglienza diffusa, richiede visione, determinazione e una dose non indifferente di coraggio. In questo quadro, alcune criticità – come la comunicazione tardiva sul campeggio, situato a circa 20 minuti di auto dalle cave – si radicano in problematiche più ampie, radicate a loro volta nel nostro Bel Paese, come la scarsità di collegamenti locali, che finiscono per incidere in particolare sull’esperienza del pubblico proveniente da fuori regione o dall’estero. Questo divario rischia di influenzare l’esperienza e il modo in cui si vive l’evento, considerando che molti partecipanti internazionali si affidano a trasporti pubblici o soluzioni alternative più complesse. Affrontare questa dinamica con una pianificazione più integrata e una comunicazione anticipata, è il consiglio che ci sentiamo di dare ad un collettivo che con questa edizione ha già dato tanto alla propria terra, col fine di favorire una maggiore coesione e facilitare la partecipazione attiva di tutti.

Percependo CRX come un festival che potrebbe perfettamente integrarsi all’interno di quel panorama europeo composto da eventi con visioni avanguardiste, condividiamo una piccola nota a margine. L’anno prossimo, ci piacerebbe trovare un punto di riduzione del danno, un passo naturale e importante per posizionare ancora di più il festival allo stesso livello dei suoi compagni europei. In un contesto come quello pugliese, così legato a spazi naturali e comunità, queste aree dedicate, insieme a momenti di pausa come una chill zone, rappresenterebbero un valore aggiunto ben accolto, capace di rendere l’esperienza complessiva ancora più consapevole, inclusiva e rigenerante. Siamo sicuri che l’anno prossimo, nella sua seconda edizione, il festival sarò pronto a fare quei passi in più.

In Italia, abbiamo bisogno di festival con un’identità forte, e CRX è senza dubbio uno di questi. In una Puglia attraversata da grandi eventi dove la musica resta però spesso sullo sfondo, è fondamentale che CRX continui a vivere a lungo, non solo maturando nel tempo, ma anche approfondendo sempre più il suo legame con il territorio. Un festival come questo può diventare uno spazio in cui il pubblico è invitato a vivere un’esperienza più consapevole, fatta di scelte attente e partecipazione autentica ed è in contesti tali che, solitamente, si creano comunità culturali – oltre che sonore – solide e durature.

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