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Music

HUNT THE LABEL: MISTRESS RECORDINGS

words: Tatiana Tardio

Cosa succede quando un’etichetta discografica decide di andare controcorrente, scegliendo la sostanza allo spettacolo?

24.04

HUNT THE LABEL: MISTRESS RECORDINGS

HUNT THE LABEL: MISTRESS RECORDINGS

Cosa succede quando un’etichetta discografica decide di andare controcorrente, scegliendo la sostanza invece dello spettacolo?

In un panorama dove la musica elettronica è spesso plasmata da algoritmi, branding e viralità, Mistress Recordings ritorna come atto politico e culturale. Riattivata da DVS1—da sempre sostenitore di valori orientati alla comunità e della presenza mentale sulla pista da ballo—l’etichetta riprende da dove si era interrotta: al limite, lontana dai compromessi.

Lanciata come sub-label di Hush nel 2013, Mistress Recordings è nata per esplorare il lato più grezzo ed eclettico della visione musicale di DVS1. Uno spazio per la sperimentazione fluida tra i generi e la risonanza emotiva profonda, Mistresssi è rapidamente guadagnata una reputazione per il suo supporto ad artisti che creano musica non per i like, ma per lasciare un’eredità.

Ora, con la sua diciassettesima uscita, Mistress 17, l’etichetta riafferma la sua missione. Curato da Z.I.P.P.O—figura chiave della nuova ondata musicale italiana, noto per le sue produzioni introspettive e un sound che unisce techno, ambient e dub—il disco è un viaggio stratificato e poetico. Unisce elementi spoken-word della poetessa underground Celina Marie, echi di futurismo Detroit, e un’estetica sonora che rifiuta ogni etichetta. Un progetto che invita l’ascoltatore a rallentare e riflettere, piuttosto che consumare e dimenticare.

In un’intervista condivisa, DVS1 e Z.I.P.P.O parlano della necessità di preservare il peso culturale della musica elettronica. Per loro, il suono non è un prodotto: è un linguaggio. La loro collaborazione nasce dalla convinzione che la musica debba assolvere a una funzione più alta: documentare, provocare e connettere. Soprattutto oggi, quando velocità e visibilità spesso superano profondità e intenzione, l’atto di creare qualcosa che resiste è più importante che mai.

Venerdì 25 aprile al Rashomon Club, per l’evento Resistance is Techno, Z.I.P.P.O porterà in vita questa visione. Attraverso il suo set, incarnerà i valori fondamentali di Mistress e la posizione senza compromessi di DVS1: che la musica, quando è radicata nella verità, diventa una forma di commento sociale—un invito a ricordare, sentire e agire.

DVS1

Mistress Recordings è sempre stata una piattaforma per superare i confini e mostrare un ampio spettro della musica elettronica. Cosa ti ha spinto a farla tornare in vita dopo anni di silenzio?

Negli ultimi anni l’etichetta ha dovuto passare in secondo piano perché ho dedicato le mie energie all’iniziativa Aslice, con l’obiettivo di aiutare gli artisti a essere pagati in modo equo per il loro lavoro! Anche se la chiusura di Aslice è stata un duro colpo, mi ha permesso di ritrovare la lucidità mentale per tornare a curare e scoprire nuova musica. Ascolto costantemente musica per i miei DJ set, e ricevo continuamente brani in promozione o inediti da artisti che vogliono condividere il loro lavoro con me. C’è così tanta musica che merita di essere scoperta, che sento sia mia responsabilità darle una voce.

Mistress continuerà ad abbracciare nuove influenze sonore o tornerà alle radici che l’hanno resa unica?

Proprio abbracciando nuove influenze sonore torniamo alle radici. Provengo da una quantità di influenze così ampia che sarebbe un errore, per me e per chi ci segue, limitarmi a proporre un solo stile o genere nel nostro catalogo. Siamo aperti a tutto ciò che riesce a colpirmi.

Dopo il periodo dedicato ad Aslice, come vedi evolversi il tuo ruolo nella scena della musica elettronica?

Cerco sempre nuovi modi per rendere questa industria più una comunità, e continuerò a farlo. Il successo che ho raggiunto lo devo in gran parte alla “scena” che mi ha formato, e sento che è mio dovere restituire qualcosa.

In quanto artista profondamente legato alla cultura underground, come vedi il bilanciamento tra lo spirito DIY della musica elettronica e la sua crescente commercializzazione? E come si inserisce Mistress in questo paesaggio in evoluzione?

Man mano che l’industria diventa più commerciale, è fondamentale portare avanti l’estetica e i valori dell’underground. Forse oggi sono diventato “troppo di successo” per essere considerato underground in senso stretto, ma faccio di tutto per ricordarmi sempre da dove vengo, e lo spirito che mi ha fatto innamorare di questa scena. Le mode vanno e vengono, ma la musica senza tempo troverà sempre spazio. Con Mistress, voglio poter riascoltare le uscite tra 10 o 20 anni e dire: “questa musica è ancora rilevante”.

Hai sempre difeso la cultura underground. In che modo etichette come Mistress possono contrastare la commercializzazione della dance music, pur raggiungendo nuovi pubblici?

Non puoi seguire le mode, altrimenti finirai a competere con tutti gli altri che le seguono. La musica NON dovrebbe essere una competizione. Oggi c’è così tanta musica e cultura usa e getta che devi avere fiducia in quello che pubblichi, soprattutto su un’etichetta boutique come Mistress, e credere che le persone lo scopriranno al momento giusto. Non c’è alcuna pressione sulle vendite o sui numeri trimestrali… Se credo abbastanza in un brano da pubblicarlo, allora credo anche che là fuori ci sia qualcuno che saprà connettersi con esso.

La musica elettronica è uno spazio di resistenza, comunità ed espressione. Con We Need One Another, che porta un messaggio forte di unità, come vedi il ruolo della musica nel favorire la solidarietà in un mondo così frammentato?

Essere politici come artisti è diventato complicato: oggi c’è una tendenza a screditare immediatamente chi prende posizione, e molti artisti hanno paura di esprimersi o semplicemente non sanno cosa dire. Le parole di We Need One Another sono un promemoria positivo dell’umanità, al di là di ogni discorso politico. Credo che oggi la maggior parte di noi possa condividere quel messaggio di unità, considerando il clima sociale in cui viviamo.

Z.I.P.P.O porta un’identità forte in Mistress 17, mescolando electro, vibrazioni Detroit e poesia spoken-word. Cosa ti ha colpito di più della sua visione e narrazione musicale?

La traccia principale mi ha colpito subito, in modo immediato. Sono sempre stato affascinato dai lavori di Z.I.P.P.O e ho collezionato molte delle sue uscite. Ci conosciamo personalmente da più di dieci anni. Anche se la musica parla già da sola… ho ascoltato i suoi set e le sue produzioni in moltissimi stili diversi, e posso dire sinceramente che è uno vero, autentico al 100%.

Z.I.P.P.O

Come artista con un background così ricco e variegato, quali sono state alcune delle principali ispirazioni—musicali, culturali o personali—che hanno influenzato Mistress 17 e ne hanno plasmato il suono?

Mistress 17 è stato modellato da un mix di influenze musicali. Sono sempre stato attratto da ritmi grezzi e ipnotici e da paesaggi sonori profondamente emotivi. La techno di Detroit e i primi movimenti IDM hanno avuto un ruolo importante, ma anche il mio background nell’hip-hop e nella house è stato fondamentale. A livello culturale, trovo ispirazione nei contrasti—“vecchio vs nuovo, caos vs ordine”—che mi hanno portato naturalmente a mescolare nostalgia e futurismo nel disco.

Sul piano personale, gli elementi spoken-word in We Need One Another riflettono i miei valori sulla connessione e sull’esperienza umana in un mondo sempre più digitale. Il brano è stato scritto prima della pandemia e dei conflitti recenti, ma vederlo uscire oggi lo rende ancora più potente e attuale.

Mistress Recordings è da sempre uno spazio per superare i confini. Come pensi che etichette come Mistress possano contribuire a preservare l’autenticità e la natura underground della musica elettronica, in un’epoca in cui la commercializzazione sta cambiando il panorama?

Quello che apprezzo di Mistress è che dà priorità all’integrità artistica rispetto alle mode. Offre una piattaforma in cui gli artisti possono esplorare liberamente le proprie idee, senza i vincoli delle aspettative commerciali. Viviamo in un mondo dominato da playlist guidate dagli algoritmi e dalla cultura dei grandi festival di massa. Ed è proprio qui che le etichette indipendenti giocano un ruolo cruciale: mantenere viva l’autenticità della scena, puntando sulla qualità e sul rischio, piuttosto che sulla sicurezza.

Mistress 17 fonde elementi di nostalgia e futurismo, mentre la poesia spoken-word in We Need One Another veicola un messaggio quasi profetico. DVS1 ha sottolineato la profondità emotiva di questo brano come uno dei motivi principali per pubblicarlo. Pensi che la musica dance possa ancora essere uno strumento di attivismo e coscienza collettiva?

Assolutamente sì! La poesia scritta da Celina Marie è stata fondamentale per questa traccia e le ha dato una nuova forza. La musica dance è sempre stata uno spazio di resistenza e comunità. Dai primi giorni della techno ai rave nei magazzini come rifugi sicuri per comunità emarginate, la pista da ballo ci ha formati.

Per me, We Need One Another è un promemoria: la musica non è solo evasione, può anche essere un modo per connettersi in profondità, e uno strumento per ispirare il cambiamento.

Il tuo suono spesso bilancia energia grezza e profonda introspezione. Quali tecniche di produzione o strumenti hai utilizzato per creare il contrasto tra peso e leggerezza in Mistress 17?

Creare contrasti tra peso e leggerezza è qualcosa su cui mi concentro molto. Amo realizzare brani di transizione per i miei set, e penso che questi siano spesso i più significativi del mio archivio. Non credo di essere mai stato particolarmente portato per scrivere “banger”, ma per Mistress 17 ho lavorato con un mix di strumenti analogici e digitali, accompagnati da un pattern 808 pulsante che dona uno swing organico.

Anche il mantenimento di un tono specifico e di una gamma dinamica nel mix è stato intenzionale: ho lasciato che alcuni elementi respirassero, mentre altri colpiscono con forza. Un approccio simile alla scrittura di una canzone, in cui si crea un’alternanza tra intensità e riflessione.

Hai pubblicato su diverse etichette, inclusa la tua, Fides Records. Cosa rende speciale pubblicare su Mistress per te, e come si inserisce questo passo nel tuo percorso artistico?

Lavorare con Mistress è sempre stato un sogno, perché è un’etichetta che si allinea profondamente con la mia visione eclettica. Collaborare con DVS1, una persona che comprende davvero l’essenza della musica elettronica, ha reso questa uscita ancora più significativa. Non si tratta solo di firmare con un’etichetta, ma di tutto il viaggio: l’emozione, l’intenzione, la spinta a esplorare nuovi territori. Sono davvero grato per questa opportunità!

Puoi condividere un momento memorabile o un’esperienza particolare dal processo creativo o produttivo di Mistress 17?

Uno dei momenti più speciali è stato quando è nata la poesia spoken-word di Celina Marie per We Need One Another. Era iniziato tutto come un semplice esperimento vocale, ma sovrapponendo quei frammenti alla traccia strumentale, ha preso vita propria.

Ascoltandola nel contesto dell’intero disco, ho capito che era diventata il cuore del progetto, trasformandosi in una dichiarazione d’intenti. È stato un momento davvero potente.

Mistress 17 è disponibile su Bandcamp

<a href="https://dvs1mistress.bandcamp.com/album/mistress-17">MISTRESS 17 by Z.I.P.P.O</a>

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