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Fashion

HORNY JAIL: IL C4ZZO È TORNATO DI MODA

words: Alessandro Milzoni

24.12

HORNY JAIL: IL C4ZZO È TORNATO DI MODA

HORNY JAIL: IL C4ZZO È TORNATO DI MODA

Fallo, pene, membro, verga, uccello, pisello: chiamatelo come volete, ma la moda ne sembra ossessionata. Per tutti quelli che pensano sia una tendenza del momento, forse non si ricordano degli anni Ottanta.

Tutte le volte che arriva questo periodo dell’anno, ogni elemento intorno a me, dai dotati puntali posti in cima agli alberi di Natale, i gocciolanti e appiccicosi struffoli partenopei o persino i bastoncini di zucchero curvati leggermente a destra, mi ricordano inevitabilmente colui che racchiude tutte queste caratteristiche: il fallo.

Non penso di essere affetto da DOC se dico di vederlo ovunque (Freud avrebbe delle opinioni al riguardo), ma in alcuni ambiti, taluni più di altri, il pene è un oggetto significativo della rappresentazione artistica, sia esplicita sia concettuale.

Perché oltre alle teorie psicoanalitiche del suddetto Freud, o ai trattati di Foucault sul significato di potere associato ad esso, il pene resta comunque il fulcro delle terminazioni nervose del piacere maschile, nonché sorgente del succo procreativo (e ricreativo). Oltre che ad essere una delizia per gli occhi.

Sin dalle origini della civiltà umana, il pene è stato una costante della produzione artistica, insinuata nella linea di confine tra psiche e istinto, attribuendogli tendenzialmente significati di forza e vigore. Come dimenticarsi delle floride statue del dio Min dell’Antico Egitto.

Ma col passare dei secoli, il consolidarsi prima delle religioni monoteistiche, (subdolamente) finalizzate a desessualizzare i popoli, e il perbenismo della medio-alta borghesia dell’ultima rivoluzione industriale, la rappresentazione del pene è diventata oggetto di trasgressione e non conformità al buon costume. Fino al giorno d’oggi quando – Dio benedica OnlyFans che ha democratizzato la sessualità – il pene è tornato ad abitare il nostro feed di Instagram e, per estensione, la nostra quotidianità.

E se state pensando alla scena dei 30 peni di Euphoria, siete sulla strada giusta.

Anche se qualcuno potrebbe urlare allo scandalo e altri alla mercificazione del corpo, questo fenomeno di normalizzazione di parti del corpo è in corso già da un pezzo. Il movimento #freethenipple sta lavorando da tempo alla liberalizzazione dei capezzoli e, anche se in parte, ha fatto dei passi avanti, forse ora si guarda al resto.

Non pensate che sia un fatto di esibizione: la big dick energy è una questione che riguarda molti uomini (e qualche donna) affetti – o al massimo portatori sani – di patriarcato. Il fatto che in molte rappresentazioni ci sia una buona dose di ironia, estende il discorso alla sessualità in generale. E in questo la moda è maestra.

penis heels, Vivienne Westwood SS95

Vivienne Westwood, FW17

Sebbene nel Fashion Olimpo ci siano diversi designer che hanno “giocato” col cazzo – prima fra tutti Vivienne Westwood che, oltre ai ciondoli a forma di pene eretto, realizzò nella FW 84/85 dei bottoni analoghi e poi nella SS 95 la collezione “Erotic Zones”, in cui debuttarono le iconiche décolleté nere dalla punta fallica – negli ultimi dieci anni ha vissuto una vera rinascita.

È il 2015 quando una giovane FKA Twigs indossa sul red carpet del Met Gala un abito di Christopher Kane raffigurante alcune figure antropomorfe, da cui spunta un normalissimo pene. E lì i perbenisti non dicevano niente ma si limitavano ad arricciare il labbro. Lo stesso anno, Miley Cyrus, nel pieno della sua transizione da Hannah Montana, indossò delle infradito rosa shocking a forma di pene degne del più pittoresco addio al nubilato, anche perché costavano 14,95 dollari. E anche lì, ridiamoci su per l’ennesima bravata della ragazzaccia.

Ma le collezioni moda di quell’anno sono da menzionare. In particolare la Spring Summer di Tom Ford conteneva un gioiello in oro 18 carati dall’ambigua forma di crocifisso o pene completo di testicoli. E lì, apriti cielo. Blasfemia, satanismo, pornografia e sfregio della religione cristiana erano le accuse mosse dai cattolici. Ignorando totalmente il fatto che anche il collega Rick Owens per la FW 2015 mandò in passerella alcuni modelli con le cosiddette “palle al vento”. Si perchè tra le pieghe delle tuniche, venne fatto un piccolo buco (per i più esperti, un glory hole) che mostrava il pene in tutta la sua naturalezza e, tra un sogghigno e un gesto di dissenso, fece molto bisbigliare. Dopotutto, il designer americano non è nuovo a queste reazioni: nel 2006 partecipò al Pitti realizzando una scultura di sé stesso a grandezza naturale sospesa nella Stazione Leopolda nell’atto di urinare a terra.

Rick Owens, FW15

lipstick, Isamaya

25cm candle, Degoey Planet

Altri mostri sacri della moda hanno messo in discussione il significato simbolico del pene, come Walter Van Beirendonck, che nel 2008 realizzò un copricapo dall’ispirazione carnevalesca, ma dall’inequivocabile riferimento fallico. Talmente inconfondibile che nella SS14 replicò il soggetto su degli eleganti mocassini. Per poi arrivare, al giorno d’oggi, con la sua personale linea di dildo colorati, adorabilmente intitolati Willdo The Dildo. Ed è proprio in questi giorni che ho deciso (forse sono già in ritardo) di compilare una piccola letterina per Daddy Natale.

Caro Daddy Natale,
visto che quest’anno sono stato buono, avrei qualche richiesta da sottoporti:

Il portaincenso di Richardson nella tonalità rosso fuoco;
Il dotatissimo cero da 25 cm di Degoey Planet;
Il rossetto di Isamaya a forma di pene lungo quanto la media mondiale;
La collana Willy di Aries da indossare la notte di Capodanno;
Il portachiavi di JW Anderson che magari attaccherò direttamente alla borsa;

Queste sono le sole richieste che ho, Daddy. Se sarò il tuo good boy, esaudirai i miei desideri?

Walter Van Beirendonck, Paradise Pleasure, AW95

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