Attraversare il suono: REWIRE 2025 | t-mag

Stories
About
Store
Contact

Newsletter
Stockists
Search
Newsstands

Language:

English |

Independent-tastemaker magazine
Old-fashioned paper, new media platform

Follow us

ig
sp
tt

©2025 All Rights Reserved

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok

Music

Attraversare il suono: REWIRE 2025

words: Alice Suppa & Mila Azimonti

25.04

Attraversare il suono: REWIRE 2025

Attraversare il suono: REWIRE 2025

Ci sono performance che non si ascoltano: si attraversano.

E se esiste un luogo dove queste esperienze si raccolgono, si scontrano, si amplificano, quel luogo è Rewire.

A L’Aia, per qualche giorno, il tempo sembra cambiare densità. I suoni invadono teatri, chiese, sotterranei, strade, trasformando la città in un organismo vivo, febbrile, pieno di voci invisibili.

Non si tratta di una semplice sequenza di concerti: è un atlante di presenze, sparizioni, ritorni.
Un festival che non cerca di addomesticare il suono, ma lo lascia esplodere, collassare, ricomporsi nelle forme più inattese.

Tra rituali di disfacimento, assalti viscerali e sospensioni abbaglianti, Rewire 2025 si conferma ancora una volta come uno dei pochi spazi in cui l’ascolto si trasforma in un attraversamento collettivo — e, a volte, in una perdita necessaria.

GLI HIGHLIGHT DI REWIRE 2025

Maritime Rites – Alvin Curran

A inaugurare un’affollatissima rassegna c’è Maritime Rites di Alvin Curran, compositore al centro di questa edizione. Davanti al bacino dell’Hofvijver, una folla si compatta lungo la riva opposta al Parlamento olandese. Centinaia di persone materializzate dal nulla: appena un quarto d’ora prima non c’era anima viva. Si fatica perfino a trovare un punto da cui vedere bene –– le code del Rewire non risparmiano neanche l’acqua.

Le barche scivolano seguendo un ordine invisibile, in una processione acquatica sospesa tra il sacro e il naufragio. A bordo: strumenti, musicisti, un amplificatore. Qualcuno legge spartiti. Altri chiacchierano, si sistemano, aspettano. Uno soffia in una conchiglia grande quanto un megafono. È Curran.

Poi una tromba. Due. Un clarinetto. Dei versi di gabbiani. I suoni arrivano a ondate, senza un punto di partenza preciso. Non c’è palco, né gerarchia, né centro. Maritime Rites è un’armonia dissonante, scomposta, ma che a tratti sfiora picchi di sublime –– una sintesi di Debussy, canto gregoriano e banda di paese.

Forse è una processione per i sommersi, i dispersi. O più semplicemente un ritratto acustico, una cartografia momentanea dell’acqua: mutevole, fragile, irripetibile.

Ego Death (Aho Ssan & Resina)

Tra le pareti della Koninklijke Schouwburg, l’aria si fa densa ancora prima della prima nota. Aho Ssan e Resina entrano senza clamore, eppure è come se il teatro, in un attimo, cambiasse respiro.

Tutto inizia con un sussurro profondo — un tremolio, il respiro di qualcosa che si muove sotto la pelle della terra. Poi il violoncello: sfibrato, strappato, un lamento che lacera l’aria. In otto frammenti senza nome, Ahoo San & Resina costruiscono e demoliscono universi effimeri. Onde di sintetizzatore si infrangono nei vuoti crepitanti;

Il violoncello si fa carne, memoria, pianto.
Non c’è trama, non c’è appiglio. Solo la forza della trasformazione. Dello scioglimento. Della ricomposizione.

Un fascio di luce piove su Resina, sola davanti a una piccola pianola. Dalla sua voce nasce qualcosa di intatto, luminoso e vulnerabile. Una frattura, sì, ma che appare necessaria, dolce, salvifica. Per un istante, l’intera sala sembra sospesa con lei, trattenendo il respiro. Una crepa che si apre e non fa paura: fa sentire vivi.

Ego Death non è una dimostrazione di tecnica — anche se il virtuosismo, silenzioso, c’è. È un abbandono totale: verso il limite del linguaggio, verso il cuore nudo del suono. Il pubblico resta immobile, quasi temesse che respirare potesse spezzare l’incantesimo. Quando tutto finisce, il silenzio è così pieno da risultare assordante.

Ego Death è un attraversamento condiviso nel buio.

YHWH Nailgun

Dopo giorni in loop sul loro ultimo album, questo era uno degli act più attesi. Zack Borzone (voce) e Jack Tobias (synth) salgono per primi sul palco: tra stiramenti nervosi e saltelli sul posto, scrutano il pubblico con uno sguardo che è sfida o scherno — difficile dire. Hanno un carisma magnetico.

Il live è un’eruzione a intervalli regolari. La loro è una no wave hardcore virata funk, scolpita dalla batteria chirugica di Sam Pickard, che più che tenere il tempo, lo seziona. È una drum machine travestita da essere umano. Borzone alterna delle lyrics sbiascicate a spasmi ritmici, in bilico tra uno stato di trance e una nottata ubriaca.

Il pubblico è in stato di grazia isterica. Persino la band, che sul palco si muove come se fosse a casa, sembra per un momento spiazzata dal feedback. Un picco assoluto del festival. E una band da rincorrere ovunque capiti.

Able Noise

George Knegtel (batteria, voce) e Alex Forster (chitarra baritono, voce) si muovono come due estremità dello stesso organismo.

Non c’è gerarchia tra strumenti e corpi: la batteria non accompagna, la chitarra non sostiene — si intrecciano, si inseguono, si strattonano in un dialogo continuo fatto di tensione e rilascio. I due musicisti si rincorrono come impulsi nervosi: rullate frammentate, accordi secchi, pause che pesano più delle note.

La batteria detta il ritmo, ma è molto di più: è il battito stesso dello spazio. Ogni colpo è preciso, chirurgico, scavato nel vuoto come una fenditura sottile. La chitarra baritono, densa e scheletrica, si muove lungo queste crepe, creando geometrie fragili e oscillanti.

Batteria e chitarra si piegano e si sostengono a vicenda, in un dialogo teso che sembra cercare continuamente un equilibrio senza mai davvero raggiungerlo. Ogni gesto suona necessario, mai superfluo.

In mezzo a questa trama, la voce è una presenza viva, un altro strumento, capace di fratturare il tempo o di sospenderlo del tutto.

Il loro set è una scultura sonora in perenne rischio di crollo, e proprio in questa precarietà trova una forza ipnotica, ineluttabile.

La fine non è un silenzio, ma una scarica.

Able Noise si dissolvono lasciando il sangue accelerato, le gambe pronte, il fiato corto. incendiano il buio e lo lasciano vibrare, come una corsa a perdifiato dentro la notte ancora tutta da mordere.

Nyokabi Kariuki & Cello Octet Amsterdam

La performance di Nyokabi Kariuki, accompagnata dagli otto violoncellisti del Cello Octet Amsterdam, è una favola che illumina e incanta, raccontata come si tramandano le storie nella cultura kikuyu, da cui proviene. Mentre parla di suo padre, della sua ossessione recente per il birdwatching, Kariuki non sembra esibirsi; piuttosto: tenere compagnia, condividere una soglia.

La prima mondiale di Birdsongs from Kirinyaga si apre con i richiami dei sunbirds dell’Africa orientale, registrati nei dintorni del Monte Kenya. Canti che la voce di Nyokabi e dei violoncelli accolgono e rilanciano, disegnando un ecosistema delicato e poroso, attraversato da momenti di grazia oltremondana.

Sono gli stessi canti, ci racconta lei, che questi uccelli ripetono da cinquecentomila anni, forse un milione. E se già questo non basta a generare meraviglia, lei insiste: quella melodia è una forma di memoria. Un’eredità, una discendenza condivisa tra specie, che attraversa il tempo e resiste alla colonizzazione dei linguaggi scritti. Canti che, se sapremo ascoltare, continueranno a raccontarci chi siamo.

Analogic pics by Salvatore Delle Femmine

Share

FB
X
IG

Related
Articles

Suono, luce, silenzio: la sinfonia nascosta di SILA SVETA per Škoda Auto

Suono, luce, silenzio: la sinfonia nascosta di SILA SVETA per Škoda Auto

Tatiana Tardio

16.05.25

SEE THROUGH – a new editorial story

SEE THROUGH – a new editorial story

15.05.25

Tall Tales: l’allucinazione di Yorke e Pritchard

Tall Tales: l’allucinazione di Yorke e Pritchard

Davide Urbani

15.05.25

Email

Exploring the pulse of
culture since 2019.

where electronic music,
fashion and art collide.

©2025 t-mag

ig
sp
TT

Follow us

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok