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Art

ARTISSIMA 2024

words: Federica Bolognini

15.11

ARTISSIMA 2024

ARTISSIMA 2024

“A white room By a window Where the sun comes Through We are Just happy to serve You”, recita così Thom Yorke nella canzone “Daydreaming” dei Radiohead. E’ proprio a questo che mi fa pensare partecipare alla trentunesima edizione di Artissima – il più importante evento fieristico italiano di arte contemporanea – appena terminato e andato in scena come ogni anno all’Oval Lingotto di Torino nel primo fine settimana di novembre: un susseguirsi di stanze bianche, limpide e luminose come tele in cui le 189 più prestigiose gallerie della scena internazionale che espongono i loro migliori artisti per il mercato italiano con la promessa di una fiera sperimentale, di ricerca e cutting-edge. Diretta per il terzo anno da Luigi Fassi, Artissima accende i riflettori sulla creatività contemporanea ma anche sulla città e il Paese, agendo come propulsore per l’intero sistema dell’arte italiano. Weekend fortunato per tutti gli amanti di arte e musica, che ogni anno godono in un colpo solo della presenza sia della fiera che del festival Club2Club.

Il tema dell’edizione, “The Era of Daydreaming”, si è focalizzato sul pensiero spontaneo come strumento di creazione proiettato verso il futuro. Il daydreaming (sogno a occhi aperti), parte dell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, è oggetto di una crescente rivalutazione da parte di neuroscienziati, filosofi e artisti come elemento decisivo nel pensiero creativo e nella produzione artistica, una forza spontanea che attiva speranze, emozioni e immaginari.
Mi ha sempre aﬀascinato l’immaginario possibile nella costruzione e nello sviluppo di un sogno ad occhi aperti, attraverso lo slancio del più puro dei processi creativi come quello che si vive nella condizione onirica, ma con la forza e la concretezza della realtà intorno a noi. Passeggiare per i corridoi della fiera ti fa entrare e uscire continuamente da questa condizione, in un susseguirsi di sogni a occhi aperti i quali rappresentano concretamente il panorama verso il quale si aﬀaccia la nuova scena, il nuovo fare arte.
Mia personalissima menzione d’onore va a Matta, giovane galleria milanese alla sua prima edizione nata dall’esperienza di Giulio Rampoldi, Pier Francesco Petracchi e Pietro Rossi, la quale espone per la sezione New Entries “Fishphonics: Accelerando” di Clara Hastrup presentata per la prima volta lo scorso aprile nei suoi spazi.
Un lavoro ambientale che orchestra elementi organici e artificiali in un sistema di acquari e strumenti musicali. Il sistema scultoreo sfida la fantasia antropocentrica di dominio sul corso della natura esplorando, attraverso i movimenti imprevedibili dei pesci le possibili sincronicità musicali.

Proiettati dall’alto, fasci di luce penetrano nell’acqua e raggiungono sensori fotorecettori sul fondo delle due vasche, delineando un campo di assi verticali. Attraversandoli, i piccoli pesci tropicali proiettano ombre sui sensori che attivano xilofoni, metallofoni e tamburelli tramite micro controllori. Le posizioni ed i movimenti dei pesci vengono tradotti in note musicali, generando composizioni aleatorie che alternano stati armonici e caotici, accostando la sensazione malinconica dei suoni con l’umorismo degli ignari autori della performance. Caotico e ordinato, analogico e digitale, rumore e silenzio si fondono l’uno nell’altro, generando un sistema autonomo, autosuﬃciente. Aﬃdare la composizione della musica ai pesci è un’occasione per contrastare fantasie antropocentriche e gerarchie tra specie, riconfigurando il legame con il mondo naturale e respingendo ogni opposizione con gli elementi artificiali. Come nel mondo del gioco o dell’esperimento, il sistema opera entro i limiti di regole in parte arbitrarie. La scelta degli strumenti e dei pesci, le dimensioni delle vasche, l’orchestrazione degli spazi determinano le condizioni di possibilità di una composizione aleatoria. L’intero sistema è disposto in modo funzionale, logico, concreto, ma allo stesso tempo è permeato dalla percezione, simultaneamente illusoria e reale, che i pesci stiano suonando.

Chi mi conosce sa che trovo sempre molto interessante la ricerca di chi riesce a navigare all’interno dell’intersezione che si crea fra arte e musica. Se poi chi lo fa riesce a trovare una maniera ludica, raﬃnata ed esperienziale otterrà il mio pieno consenso. Un omaggio dada alla musique concrète che “è insieme linguaggio e segno fisico, sistema di referenze e ordine materiale, realtà culturale e naturale” (Pierre Schaeﬀer, 1966).

Fra le gallerie ormai di esperienza consolidata voglio citare per la sezione Back to the Future, curata da Jacopo Crivelli Visconti e Heike Munder – dedicata a progetti monografici di artisti contemporanei pionieristici il cui lavoro ha avuto un ruolo centrale nella storia dell’arte – la Rolf Art che presenta un omaggio a Liliana Maresca (1951-1994), figura radicale argentina di spicco, presentando un’accurata selezione delle sue opere più significative in collaborazione con Marcos Lopez (nato nel 1958), dalla serie Liliana Maresca with her artworks (1983) e dalla mostra Public Image – High Political Spheres (1993). 1958), dalla serie Liliana Maresca con le sue opere (1983) e dall’ultimo corpus di lavori e dalla mostra Public Image – High Political Spheres (1993).

Liliana Maresca è stata una figura chiave che ha partecipato alla scena artistica fin dai primi anni ’80, interpretando l’entusiasta e giovane era bohémien che ha fatto esplodere Buenos Aires fin dai primi anni della democrazia diventando rapidamente una figura di spicco, che ha avviato e sviluppato molte delle avanguardie che caratterizzarono l’arte degli anni ’90. Il suo corpus di opere comprende pittura, oggetti, sculture, installazioni, performance e foto-performance. Le sue opere riflettono lo spirito neo-dada, i modelli minimalisti e le strategie concettuali che hanno dominato la scena artistica della seconda metà del secolo in Argentina, incrociate con il repertorio iconografico dell’alchimia e le ricerche spirituali in generale, sfidando se stessa con le risorse tecnologiche che l’epoca le oﬀriva, senza mai dimenticare la necessaria elaborazione poetica.
Nelle opere di Maresca esiste la volontà di porsi al di fuori delle convenzioni e anche il desiderio di indicare il limite di certi territori.
Un’urgenza di rivendicare la libertà del corpo, della donna, del suo intelletto gridando resistenza, usando la forma, intrecciando i suoi limiti in un immaginario surrealista più reale che mai, che ho potuto ritrovare in paragoni di artiste eccellenti come Marina Abramović, Francesca Woodman, Gina Pane e Sophie Calle.

Ultimo spotlight su L.U.P.O. Lorenzelli Projects – giovane galleria milanese alla sua seconda
edizione – con il progetto espositivo “S’a-reste” dell’artista under 30 Giuseppe Mulas. Il progetto
nasce da un’indagine artistica profonda sulle sfumature della psiche umana e aﬀronta i temi di
diversità, vergogna e liberazione attraverso l’immaginazione e la fantasia. Questi valori, spesso
fraintesi come espressioni di vulnerabilità, si rivelano in realtà come meccanismi innati di
protezione della mente, capaci di oﬀrire uno strumento di evasione da un quotidiano ostile.
“S’areste” si intreccia in modo sinergico con il tema principale della fiera: entrambi aﬀrontano
infatti il potere dell’immaginazione come un potente strumento di emancipazione e
trasformazione.

Dal 31 ottobre al 3 novembre 2024 – Oval Lingotto, Torino

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