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Fashion

Andrea Alchieri: teatralità e surrealismo

words: Valentina Tonini Bossi

photographer Christian de Luca

05.11

Andrea Alchieri: teatralità e surrealismo

Andrea Alchieri: teatralità e surrealismo

Nel panorama della moda contemporanea, Andrea Alchieri emerge da talento audace e innovativo, capace di unire arte e design in una sinfonia di colori e forme. Il suo brand, Alchètipo, non è solo un marchio, ma un viaggio creativo che esplora trasformazione, eccentricità e surrealismo, valorizzando la sartoria italiana. Con una profonda passione per il mestiere e una visione artistica che sfida le convenzioni, Alchieri si distingue per la sua capacità di decostruire e reinventare capi classici, rendendoli moderni e senza tempo.

Il suo debutto con la collezione “Cinema’s Chorus”, presentata lo scorso 19 settembre durante la Lineapelle Designers Edition, rappresenta un’intensa esplorazione di temi come il bene e il male, il macabro e il bizzarro, con un’estetica che richiama mondi esoterici. Attraverso una fusione di arte e moda, Alchieri invita il pubblico a vivere un’esperienza immersiva, dove ogni creazione racconta una storia e ogni sfilata è un’opera d’arte.

In questa intervista Alchieri condivide la sua visione dietro Alchètipo esplorando come il design possa andare oltre il semplice abbigliamento, diventando un mezzo di espressione e trasformazione.

©t-mag_Andrea_Alchieri_Alchétipo_pic_by_Christian_de_Luca_interview_Valentina_Tonini_Bossi — Andrea Alchieri by Christian de Luca

Parliamo delle tue origini, della tua ispirazione: qual è la visione dietro Alchètipo?

Il nome Alchètipo nasce da una fusione concettuale che unisce tre parole chiave: alchimia, un termine che racchiude la magia della trasformazione creativa; Alchieri, il mio cognome, che mi accompagna in questo viaggio artistico; e archetipo, simbolo di modelli primordiali. Questo progetto è il frutto di una continua ricerca estetica che sposa una visione artistica innovativa con l’obiettivo di rompere gli schemi tradizionali della moda. Il logo del brand racchiude un’impronta digitale, simbolo della mia ricerca sull’anonimato: anche se il marchio non porta il mio nome, in ogni creazione metto la mia impronta personale, diventando quasi la “celebrity” del brand. Nella “A” del logo, si nasconde una cruna di un ago, un omaggio al Made in Italy, che rappresenta la mia volontà di lavorare esclusivamente con fornitori, modellisti e produttori italiani al 100%.

L’alchimia, la magia, il surrealismo sono temi protagonisti della tua ultima collezione, Cinema’s Chorus: come avviene la traduzione di tali elementi nella collezione?

Le stampe di questa collezione nascono dalla collaborazione creativa con la print designer Sharon Bassi, ispirandosi alle iconiche opere del fotografo Ira Cohen. Abbiamo rielaborato e trasformato le immagini di Cohen per dare vita a tessuti che amplificano l’anima psichedelica e visionaria della linea.
Cinema’s Chorus traduce la magia e il surrealismo in capi che evocano mondi esoterici, portando l’estetica dell’occulto e del surreale nel regno dell’arte indossabile.

Un altro aspetto ricorrente all’interno delle tue creazioni è la figura del clown

La collezione, insieme ad altri miei progetti precedenti come Admit One (febbraio 2021), ispirato al circo contemporaneo degli anni ’90, esplora una visione surreale attraverso il casting e i volti selezionati, ma offre anche una riflessione intima e sentimentale sulle molteplici sfaccettature dell’essere umano. L’attrazione per il macabro e il bizzarro si intreccia per me con l’immaginario circense, la figura del clown diventa il simbolo perfetto del dualismo tra stravaganza e spettacolo. Questo contrasto, tra stranezza ed esibizione, è il cuore delle mie creazioni.

Il surreale, l’eccentrico sono il “codice colore” di Alchieri, e la nuova collezione “Cinema’s Chorus” mette al centro la lotta eterna tra bene e male. Protagonista di questa narrazione è una marionetta dai tratti enigmatici, simbolo di una perenne tensione verso la libertà: costretta dai suoi fili, attende un impulso che possa restituirle vita. Il set scelto vuole rappresentare un cinema abbandonato e nel backstage, la marionetta con un ciuffo verde (grazie alle parrucche firmate dall’hair stylist Gabriele Marozzi del team Alchieri) resta sospesa nel tempo, desiderando di liberarsi dalle sue catene e muoversi finalmente con autonomia. Un continuo tentativo di rianimazione che incarna la voglia di ribellione e di rinascita.

Lo storytelling della collezione si articola anche attraverso la scelta della musica, con ad esempio la performance in apertura di Cinema’s Chorus sulle note di “What a wonderful world”. In che modo le scelte musicali diventano ulteriore elemento per trasmettere il tema della sfilata?

Il mio percorso artistico e di design riguarda la creazione costante e l’interazione di elementi contrastanti, un tema che si estende anche alla musica che scelgo. Insieme a Emanuele Braga, abbiamo creato una fusione dinamica di tracce liriche e strumentali, ognuna con il proprio ritmo distintivo. Il risultato è un paesaggio sonoro che non segue un percorso lineare, ma crea invece una sensazione di suspense, come se qualcosa di trasformativo stesse per accadere.

L’idea di aprire la collezione con una performance nasce dalla mia visione delle creazioni come opere d’arte da indossare. Ogni capo è un pezzo unico, vivo, e per questo amo intrecciare elementi artistici nelle mie sfilate, come la danza. I ballerini, guidati dalle coreografie di Arianna Conti, si sono trasformati in marionette inanimate, avvolti in una seconda pelle di mesh stretch, dando vita a una performance in cui era la musica a “muovere” ogni loro gesto.

Parliamo del rapporto con il pubblico: come vedi l’audience e che risposta emotiva speri di evocare?

È come essere su un palcoscenico, ma il pubblico non è composto solo da spettatori qualsiasi. È un pubblico che ho personalmente selezionato, scegliendo persone che considero affini al mio lavoro, e che desideravo coinvolgere nella sfilata. In questo contesto, l’audience diventa parte integrante dello spettacolo: non solo da un punto di vista coreografico, ma anche come “volti” che raccontano una storia. La ricerca di essi è stata essenziale, così come l’opportunità di vestirli per lo show. E poi ci sono stati i volti più noti, come Big Mama, per cui è stato creato un custom, elemento chiave per l’evento.

Con i miei show, voglio dar vita a un vero e proprio spettacolo, dove tutti sono coinvolti, senza eccezioni. Anche il mio team ha partecipato attivamente: non volevo che rimanessero dietro le quinte, come da tradizione. Li ho voluti insieme al pubblico, a vivere l’esperienza in prima persona. Il coinvolgimento deve essere totale, al 100%.

Cinema’s Chorus è seasonless, genderless. Perché hai scelto questo tipo di percorso?

Per me Alchètipo è prima di tutto un progetto artistico, che va oltre il concetto di moda. Quando parliamo di seasonless, ritengo sia fondamentale fare un passo indietro e riflettere sui tessuti, che per me sono sia cruciali che paradossalmente secondari. Amo i tessuti strutturati, perché nelle mie collezioni c’è sempre un gioco di decostruzione, specialmente su capi classici come il blazer, che è una costante del mio lavoro.

Decostruire per ricostruire: i tessuti, in un certo senso, diventano l’architettura stessa del capo. È per questo che ho scelto di abbracciare un progetto non solo senza stagioni, ma anche senza genere. Le mie creazioni sono pensate per avere taglie maschili, perché mi piacciono i volumi oversize, ma spesso sono stretti in vita per valorizzare la silhouette. Questo approccio destruttura il concetto di maschile e femminile, permettendo a chiunque di indossare i miei capi, se risuona con il loro spirito.

L’idea del seasonless è legata a una visione di moda quotidiana, capi pensati per essere indossati in qualsiasi momento, sia che si tratti di tessuti leggeri o pesanti. Il punto centrale è il piacere personale: indossare ciò che ti fa sentire bene con te stesso, senza vincoli di stagione o convenzione.

Il blazer, i capispalla in generale sono un tuo tratto distintivo: come integri quindi il design di elementi così classici con una visione artistica che sfida le convenzioni?

Rivoluziono l’essenza dei capi classici attraverso la decostruzione, eliminando la loro struttura convenzionale e reinventandoli con nuovi dettagli. Un semplice revers di giacca può trasformarsi nella parte posteriore di un cappotto, le tasche si duplicano e un blazer sartoriale si allunga fino a diventare un mini dress. Il dettaglio, per me, è tutto.

Come affronti il tema della sostenibilità? Qual è la motivazione dietro la scelta di adottare un approccio Made in Italy per il tuo brand?

Sono sempre alla ricerca di collaboratori che condividano al 100% la mia visione e abbraccino completamente il mio progetto. La partnership con LineaPelle, che ha segnato il mio debutto con Cinema’s Chorus, mi ha offerto l’opportunità di utilizzare pelli “di scarto” per dare vita ai dettagli dei capi. Ogni tessuto sartoriale che impiego è rigorosamente Made in Italy e il mio obiettivo è quello di creare una sinergia con aziende che intendono smaltire i loro tessuti in eccesso. Vorrei dar loro nuova vita, inserendoli nei miei fashion show, realizzando look con tessuti di giacenza.

Il mio fil rouge resta sempre lo stesso: tessuti che incarnano l’eccellenza sartoriale italiana. Dal fresco lana al panno per i cappotti, fino alla gabardina per i pantaloni, questi materiali rappresentano per me l’essenza del made in Italy, che voglio preservare e valorizzare in ogni collezione.

Cosa c’è nel futuro di Andrea Alchieri e di Alchètipo?

Il brand è nato perché non mi fermo mai. Dopo anni di esperienza nel mondo del lusso, ho deciso di portare avanti un percorso parallelo con il mio progetto artistico: Alchètipo. Non è solo un marchio di moda, è un’espressione creativa che non smetterà di evolversi. L’obiettivo è portarlo verso il mercato, certo, ma voglio che sia molto di più.

Nella collezione ho inserito una capsule di fashion jewellery, con orecchini e cuff, oltre a piccola pelletteria e accessori. Sono pezzi che riflettono la mia visione eclettica e stravagante. Ho anche presentato i miei “corsetti da collo”, un mix tra la tradizione corsetteria e la sartoria italiana. Per me, quella silhouette avvitata è fondamentale, e sarà sempre più presente nelle collezioni future.

Vedo Alchètipo crescere, oltre alla partecipazione alle fashion week e a possibili collaborazioni con la Camera Nazionale della Moda, esplorando il lato artistico, con mostre che fondano moda e arte: capi sospesi accanto a quadri per esempio, creando uno spazio espositivo unico. Questo è il futuro che immagino, dove l’arte e la moda si incontrano, senza limiti.

Un progetto artistico a 360 gradi.

Si, esatto. Poter vestire, nei limiti, ballerini e performer, realizzare capi unici su misura e far crescere Alchètipo fino a trasformarlo in un vero e proprio brand di riferimento nel mondo della moda.

Photographer Christian de Luca

Images from the Cinemas’ Chours collection, courtesy of Alchètipo, photo by Bianca Beltramello

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