Gatto Verde: apparire, scomparire, riapparire | t-mag

Stories
About
Store
Contact

Newsletter
Stockists
Search
Newsstands

Language:

English |

Independent-tastemaker magazine
Old-fashioned paper, new media platform

Follow us

ig
sp
tt

©2025 All Rights Reserved

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok

Music

Gatto Verde: apparire, scomparire, riapparire

words: Alice Suppa

23.10

Gatto Verde: apparire, scomparire, riapparire

Gatto Verde: apparire, scomparire, riapparire

Milano ama definire e catalogare: ai progetti richiede etichette, ai luoghi chiede funzioni. Gatto Verde — «la clubnight che appare e scompare tra le fabbriche di sud Milano» — rivendica la propria natura intermittente. Apparire, scomparire, riapparire: è una strategia di sopravvivenza e, insieme, una poetica. In una città che oggi riapre varchi alle sottoculture, Gatto Verde è una delle voci di questo movimento: «Un fantasma che ritorna», come lo definisce Matteo Pit , co-fondatore e direttore artistico di Gatto Verde e Club Adriatico.

Gatto Verde nasce da una continuità dichiarata con Club Adriatico e da un’alleanza di sguardi. Nel 2022 Riccardo Trotta e Lorenzo Mapelli coinvolgono Club Adriatico – e dunque Matteo Pit alla direzione artistica – e poco dopo si uniscono Marco Molduzzi e Giacomo Lepori. L’obiettivo è tradurre a Milano quella stessa attitudine: suono curato, rapporto spazio–corpo, comunicazione come contesto. Background VICE da un lato, anni di clubbing e teatro dall’altro. «L’obiettivo era creare un appuntamento stabile (…) e proporre qualcosa di diverso rispetto a ciò che la città offriva», a partire dal primo ancoraggio in Via Toffetti 25.

Perché “Gatto Verde”? Un nome che ha avuto diverse vite: «A Milano, alla fine degli anni ’40, anni 50, era una balera. Poi, negli anni ’80, è stato uno strip club in un angolo nascosto vicino alla Stazione Centrale, E oggi, c’è la nostra versione. Come un fantasma che ritorna».

Gesto politico o necessità? la risposta è netta: «Stare ai margini (…) oggi è più una necessità che una scelta. Milano non vuole più i club nei centri urbani». Il centro rigenera a colpi di delibere e rende difficile restare; i bordi, invece, concedono interstizi. Ma non bastano da soli: «Gli spazi disponibili a Milano stanno diminuendo, il club come luogo è in crisi, e oggi l’unica strada concreta è lavorare sulle strutture rimaste (…) trasformandole e personalizzandole ogni volta». È un’idea scenografica di club: il luogo non ha identità data, la si costruisce. Come accadde per Club Adriatico, nato in un ex magazzino dello zolfo sul porto di Ravenna, così a Milano la “veste” si re-immagina di volta in volta.

Linee sonore: progressione, non genere. Fin dall’inizio la rotta è chiara: crescere di intensità senza chiudersi in etichette. Fin dalla dalla prima notte si sono susseguiti momenti speciali: il b2b Lee Gamble e Low Jack, il warm-up di Buttechno, il techno-bass percussivo di Re-ni, l’apertura psichedelica di Livwutang a DJ Nobu, il live di Lord Tusk; poi il set di Beatrice M alla prima serata in Via Boncompagni, il gqom e l’amapiano di Scratchclart, fino al debutto italiano del brasiliano RHR. L’idea resta: il dancefloor è «sempre festa ma anche sperimentazione». La serata sale, cambia pelle, «non troverai mai un discorso chiuso sul genere: c’è sempre una varietà necessaria».

Spazi che guidano il corpo. Come si cambia venue senza perdere riconoscibilità? In via Toffetti 25 c’era la Rampa: corridoio tortuoso, su e giù verso il floor, soglia viva tra città e club che ha ospitato installazioni e performance. In via Boncompagni 44 il testimone passa al Parcheggio: uno spazio interno ma aperto, il varco d’ingresso che torna piattaforma per contenuti, ai margini di palazzi dismessi e vecchi depositi. E nasce Clinic: stanza nella stanza, un’estensione del linguaggio di Gatto Verde ma anche il completamento di una ricerca personale — «un luogo di contemplazione, una sorta di lounge bar che prende vita dentro Gatto Verde durante la serata». Due anime, stessa impronta: riconfigurare lo spazio ogni volta.

Ribadire la stessa impronta in un luogo diverso significa disegnare nuove soglie: La Rampa è stata il ponte con altre realtà. Lo dicono le collaborazioni: Presto! Records di Lorenzo Senni (tra interventi luce/suono e sonorizzazioni di James Ferraro e Curtis Roads); la galleria MMXX, capace di piegare l’ambiente in visioni distopiche — fino alla presenza disturbante di un’opera di Lucio Fontana nel sotterraneo; i marchi Cormio e Magliano; Invernomuto con DJ /rupture (ripresa di una loro mostra con nuova sonorizzazione); Pavel Miliakov (aka Buttechno). Il filo viene da lontano: la Riviera a cui appartengono Matteo e Marco, il Morphine, l’ingresso del Cocoricó di Riccione negli anni ’90/2000, quando arte e teatro sono entrati nei club italiani. Oggi Gatto Verde è mensile, ma l’orizzonte è di crescere per diramazioni inattese, anche altrove.

Che cosa chiediamo davvero a un club? «È quasi un’ossessione: costruire ambienti safe, familiari, in cui far convivere persone e mondi diversi, supportando la libertà di ognun* di essere se stess*». È un’affermazione che suona radicale nel 2025, quando il club come infrastruttura è sotto pressione economica, normativa e immaginaria. La continuità, allora, non è la data fissa in calendario ma la capacità di ritrovare ogni volta la stessa intensità nella forma che le condizioni consentono. Comparire e scomparire torna qui come gesto politico minimo: esserci quando serve, sparire quando diventa necessario, per poi riapparire altrove con la stessa riconoscibilità emotiva.

E se domani Gatto Verde svanisse davvero? Resterebbe quella sensazione unica di cui parla Matteo: una progressione che non frena l’istinto, la luce che taglia un parcheggio e lo cambia, l’imprevisto di un’installazione che ti rimette in ascolto mentre balli. Gatto Verde chiede complicità. Chi lo attraversa si riconosce, si mescola, si diverte. E quando scompare, quell’eco resta nel corpo: e prima o poi riappare.

PROSSIMO APPUNTAMENTO

Share

FB
X
IG

Related
Articles

Rituali del suono: Terraforma Exo e l’ecologia dell’ascolto a Palermo

Rituali del suono: Terraforma Exo e l’ecologia dell’ascolto a Palermo

t-mag

22.10.25

IN CONVERSATION WITH: Jennifer Walton

IN CONVERSATION WITH: Jennifer Walton

Pietro Pascolini

21.10.25

Polifonic city echoes: When the reverb runs through the city

Polifonic city echoes: When the reverb runs through the city

t-mag

17.10.25

Email

Exploring the pulse of
culture since 2019.

where electronic music,
fashion and art collide.

©2025 t-mag

ig
sp
TT

Follow us

We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue to use this site we will assume that you are happy with it.Ok