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Music

Oltre le parole: esplorando emozioni e suoni con Laila Sakini

words: Nabil El Ayane

22.10

Oltre le parole: esplorando emozioni e suoni con Laila Sakini

Oltre le parole: esplorando emozioni e suoni con Laila Sakini

Incontrare Laila Sakini è come entrare in una dimensione dove il suono diventa qualcosa di più di un linguaggio, un riflesso intimo dell’essenza umana. Le sue composizioni aprono mondi emotivi che travalicano le parole, creando spazi in cui ogni nota sembra raccontare una storia senza bisogno di voce. Il suo percorso artistico si intreccia con le radici che abbracciano più continenti, portandola a esplorare i confini della musica come forma di espressione universale. In questa intervista, ci immergeremo nel suo viaggio creativo, un percorso che trova nuove sfumature nel progetto Princess Diana of Wales, che presenterà dal vivo il 25 Ottobre al Teatro Arsenale di Milano per la rassegna Parade Électronique, curata da MMT Creative Lab.

Questa volta, diversamente dalle sue solite performance, non la vedremo al pianoforte. L’obiettivo sarà quello di creare uno spazio intimo dove le emozioni possano fluire liberamente, sfruttando il potente strumento della sua voce.

Il tuo legame con il suono sembra essere stato sempre naturale, come se ti avesse seguito fin dall’inizio. Mi piacerebbe approfondire quei primi ricordi in cui la musica ha iniziato a entrare nella tua vita. Potresti raccontarci del tuo primo approccio agli strumenti e di come questo ha influenzato il tuo rapporto con il suono?

Non ricordo il momento esatto in cui ho iniziato a suonare, sono sempre stata circondata da strumenti e ho sempre “giocato” con le tastiere quando ero piccolina. Ricordo la mia primissima tastiera, avevo due anni. Era il compleanno di mio fratello e i miei genitori gliene avevano regalata una ma erano piuttosto preoccupati che io fossi invidiosa quindi me ne hanno comprata una anche a me, una piccola Casio rossa. Ho preso palla al balzo e ne sono rimasta incantata. Ho dei ricordi molto vaghi di questo affare rosso e di quanto mi rendesse felice: potevo imparare a suonare le canzoni che mi piacevano. aveva anche un registratore integrato quindi potevo campionare la mia voce e poi giocarci rendendola più bassa o più alta.

Più gli anni passavano più accumulavo una serie di tastiere. Una volta diventata abbastanza grande da andare a scuola (6anni) cominciai a prendere lezioni di piano e ho un vivido ricordo della mia primissima lezione, di quando ero seduta fuori dalla mia classe ad attendere la mia insegnante tenendo in mano questa custodia rosa che mi aveva regalato mia mamma.

Mi portavano fuori dalla classe per fare le lezioni, cosa che in seguito sarebbe diventata un messaggio importante – la musica trionfa sulla scuola.

Tra di noi ci sono dei punti in comune: abbiamo entrambi radici marocchine e italiane, ma tu sei nata in Australia. In che modo questo mix culturale ha influenzato il tuo approccio alla musica e la tua visione del suono?

Crescere in una famiglia dove si parlavano più lingue probabilmente mi ha insegnato il valore della comunicazione oltre le sole parole. Mio padre non parlava molto inglese quando è arrivato, quindi tra di noi abbiamo imparato a capirci in modo indiretto, probabilmente diversamente dalla “norma”. Trovo molto interessante come le diverse culture, e persino le diverse specie, usino il suono per trasmettere qualcosa, e ancora più affascinante è come siamo in grado di riconoscere attraverso il tono il significato di quei messaggi: ad esempio, un animale con una zampa ferita che si lamenta di dolore, un cane che abbaia per proteggere il suo territorio, il fragore del tuono o la tristezza in un pianto, eppure le persone attribuiscono un’enorme importanza ai testi e alla chiarezza lirica. Ho scoperto che mi piace sviluppare melodie senza preoccuparmi troppo della logica dei testi, quasi come un esperimento per vedere fin dove posso arrivare senza usare “inglese” o linguaggi tipici. Sono riuscita a fare molto in questo senso, e adoro come il suono possa avere questa applicazione universale, lasciando spazio alle singole persone per interpretarlo a modo loro, in modo specifico.

Approfondiamo ora il progetto ‘Princess Diana of Wales’: Si tratta di un viaggio musicale profondo che esplora le complesse emozioni dell’amore e dell’incertezza del futuro. Come ti rapporti a queste emozioni?

Le intuizioni spesso arrivano dopo che gran parte della produzione è stata completata, nel momento in cui vedo il lavoro nella sua interezza. Riflettendoci, si trattava di una gamma piuttosto ampia di sentimenti molto precisi, ma comuni, che venivano elaborati.

Ho utilizzato una vasta gamma di strumenti – ma senza pianoforte – quindi raffinare il tutto ha richiesto un po’ più di tempo del solito. Ricordo distintamente di essermi interrogata sull’idea di essere “nel momento” rispetto all’essere focalizzata sulla costruzione del futuro, quindi sembra che le canzoni, come dici tu, riflettano davvero questi concetti, queste tensioni, i dubbi e le incertezze. Anche se non ci sono risposte definitive, penso che sia positivo porsi domande sulle verità date per scontate. Inoltre, lavorare con Moopie di A Colourful Storm, che è uno dei miei amici più storici ma anche un vero appassionato di musica, è stato l’abbinamento perfetto, perché ha capito cosa stessi cercando di ottenere e mi sentivo a mio agio con lui… ma è stato anche molto preciso nel suggerire feedback o idee. Quindi, direi che questo progetto, con tutte le sue sfaccettature, ha trovato una collocazione ideale.

Negli ultimi mesi, sei stata in tour con questo progetto e ora ti esibirai a Milano per Parade Électronique. In che modo questa performance si differenzia dalle precedenti? Oltre al fatto che non utilizzerai il pianoforte. È la tua prima volta su un palco teatrale?

Non è la prima volta che mi esibisco in un teatro, ma è la prima volta che visito Milano. Per questo progetto non uso il pianoforte: è più un lavoro vocale con percussioni improvvisate. Utilizzo una serie di oggetti fatti in casa legati assieme da tessuti di seta, a cui spesso aggiungo all’ultimo cose che trovo in giro – monete, conchiglie, registratori a cassette, qualsiasi superficie che produca suoni interessanti, ecc.

Ogni luogo porta con sé la propria atmosfera, quindi in questo senso ogni performance è diversa. Non voglio prevedere esattamente come si svolgeranno le cose, ma sono davvero impaziente di visitare lo spazio e capire come possa utilizzarlo. Ho appena pubblicato un 7 pollici di alcuni lavori più vecchi, Like a Gun (EP), quindi lo porterò con me come merch, ma forse anche nello spirito della musica. Ho ancora qualche giorno per prepararmi e sono molto entusiasta! Sono sicura che nel corso dei giorni si presenterà qualche sorpresa!

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