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Music

INDIEROCKET FESTIVAL 2024: l’ Abruzzo suona a tempo di sperimentazioni sonore

words: Davide Urbani

09.10

INDIEROCKET FESTIVAL 2024: l’ Abruzzo suona a tempo di sperimentazioni sonore

INDIEROCKET FESTIVAL 2024: l’ Abruzzo suona a tempo di sperimentazioni sonore

Lo scorso 20/21/22 settembre, a Pescara, si è tenuta la ventunesima edizione di IndieRocket Festival.

Un festival che, nonostante la sua longevità, quest’anno ha ben deciso di cambiare forma su più fronti; diverse sono infatti le prime volte che gli organizzatori hanno affrontato in questa edizione sorprendendo i propri spettatori con tre differenze fondamentali rispetto agli anni passati. Prima fra tutte è il cambio location, per la prima volta il festival si è tenuto in una venue indoor, ovvero il padiglione Becci di Pescara, con una digressione domenicale diurna in una location d’eccezione, l’azienda agricola nonché residenza artistica Pollinaria. Una scelta, quest’ultima, che viene dettata da quella che è un’altra delle differenze sostanziali rispetto alle scorse edizioni, il cambio di date, infatti per la prima volta, invece che a giugno, l’evento è stato spostato a settembre, usando come data di chiusura l’equinozio d’autunno, così da poter vantare di essere per davvero uno degli ultimi eventi estivi prima dello spostamento nei vari clubs per l’inverno.

L’ultima differenza (e forse la più importante) è dettata da una line up finemente scelta che vede la presenza massiccia di musica elettronica, troviamo infatti più dj e producer, nomi che riescono perfettamente a costruire in modo molto interessante e attento un quadro generale delle diverse sfumature che gravitano attorno al panorama della musica elettronica contemporanea, facendole convergere ed incontrare in un unico luogo, per un evento dalla durata di tre giorni. Insomma nomi che, ognuno a suo modo, hanno contribuito all’evoluzione del genere facendo della propria espressione artistica un punto di riferimento che, una volta divenuto collettivo, funge da esempio per chi verrà.

La prima cosa che si nota entrando negli spazi del padiglione Becci è la presenza di due diversi palchi che andranno ad ospitare le performance e i set degli artisti presenti: l’IRF Soundsystem all’esterno, nel quale per due giorni si sono alternati dj locali e non, creando in una situazione più intima il mood giusto fra un’ esibizione e l’altra, facendo sì che la musica non si fermasse mai per le sette ore di durata giornaliera dell’evento; e il Main Stage interno, nel quale sono esibiti artisti provenienti da ogni parte del mondo, ognuno in rappresentanza di generi e modi diversi di fare musica.

La giornata di venerdì 20 è iniziata con due esibizioni nel main stage quasi opposte fra loro, da un lato Maria Chiara Argirò che con la sua band, oltre ad aver aperto ufficialmente il festival facendoci prendere confidenza per la prima volta con gli spazi del padiglione, ci ha saputo deliziare con la sua musica dalle forti connotazioni jazz, che durante l’esibizione vanno a fondersi ad una forte matrice electro-ambient. Sintesi sonore che sono state un caldo abbraccio prima dell’esibizione di Föllakzoid, la band cilena ci ha infatti letteralmente incollato con gli occhi al palco grazie ad una performance psichedelica che fra arpeggi di chitarra in loop e ritmi sincopati, figli di un amore neanche troppo velato verso sonorità più techno, ci hanno trasportato in una spirale di caos sempre più profonda dal quale era davvero difficile distogliere lo sguardo.

Protagonisti assoluti della prima serata sono stati però Lorenzo Senni, compositore, produttore e artista multidisciplinare da Cesena che sul palco di Indierocket ha presentato il suo nuovo live A/V “EUREKA”, dandoci la possibilità di approfondire in prima persona il suo modo di fare musica che risulta sempre in costante cambiamento, un live composto da suoni a tratti nostalgici che hanno accompagnato le visual pro-skate di NoText e Daniel Sansavini; 3Phaz e Yosuke Yukimatsu, il primo egiziano e il secondo giapponese, entrambi hanno portato set ad alta energia all’insegna delle contaminazioni sonore fra stili musicali e parti del mondo differenti.

Ad aprire le porte del Main Stage sabato 21 è stato invece Cemento Atlantico, il progetto del producer e dj romagnolo Alessandro Zoffoli, che con un set completamente basato su sonorità post-dubstep e field recordings registrati durante 30 anni di viaggi in giro per il mondo, indaga sul concetto di clinico di dromomania (che è anche il nome del suo ultimo album uscito a giugno), ossia l’esigenza irrefrenabile di viaggiare per dare un significato più aperto a ciò che ci mette davanti il presente. A seguire Coca Puma, stella nascente del panorama italiano dai toni decisamente più dream pop e Om Unit, produttore britannico che a mio parere si è rivelato una delle grandi sorprese di questa edizione, ha portato sul palco una performance live tratta dal suo ultimo lavoro in studio “Acid Dub Studies”, una fusione di 303 acid bass, dub e ambient. A chiudere la giornata ci sono stati i Mouse on Mars, duo tedesco che da sempre rappresenta una certezza nel panorama elettronico contemporaneo, i due hanno presentato uno show A/V basato sul loro lavoro “AAI (Anarchic Artificial Intelligence)”, che indaga sull’intelligenza artificiale come strumento compositivo e struttura narrativa, il tutto accompagnato da “visual in gamplay” giocate in live da un volontario del festival; e Forest Swords, produttore britannico affiliato alla storica etichetta Ninja Tune, che ha presentato un set che fonde suoni sperimentali e ritmi da club fra dub e psichedelia.

Per quanto riguarda il palco esterno, l’IRF Soundsystem, nei due giorni al padiglione Becci le esibizioni degne di nota sono sicuramente quelle di Oltrefuturo, Proinsedmet, Future Island e Sofa Talk.

Discorso differente va fatto per la giornata di domenica 22 settembre, che prende il nome di æquinox, in cui ci si è spostati verso l’entroterra abruzzese nella location di Pollinaria, l’azienda agricola e residenza artistica di Gaetano Carboni che dal 2007 cerca di far convergere in un unico luogo elementi come l’agricoltura, l’ecologia e l’arte, usandoli come base per costruire nuove vie di rinascita per un mondo rurale che meriterebbe di certo molta più attenzione. Un contesto molto più intimo nel quale siamo entrati accompagnati dalla selezione musicale di Max JazzCat Conti, che ha creato la giusta atmosfera mettendo perle di soul, funk e disco, partendo da Fela Kuti fino ad arrivare ai giorni d’oggi. A seguire abbiamo partecipato al listening showcase di International Anthem, curato da Ibelisse Guardia Ferragutti, che ci ha fatto ascoltare il meglio che l’etichetta based in Chicago e Los Angeles ha da offrire; il tutto preceduto da un discorso del direttore artistico di Indierocket, Paolo Visci, che – oltre a ringraziare i presenti visto il contesto più tranquillo e familiare, cosa che comunque non vedevo fare da tempo in festival di queste dimensioni – ci ha ricordato quanto per un festival sia importante il supporto alle etichette indipendenti, che da sempre offrono una finestra sull’avanguardia e sulle nuove contaminazioni musicali odierne. Il listening showcase ha poi lasciato spazio alle esibizioni strumentali dalle sonorità più folk di Disangro e al jazz-funk di Bassolino per poi giungere ad una delle performance più toccanti e rappresentative di tutto il festival, quella di Joshua Idehen, artista anglo-nigeriano fra i migliori in campo di spoken-word-poetry che letteralmente ci ha saputo aprire il cuore con le sue poesie dai testi pieni di speranza accompagnate da beat decisamente ballerecci.

Insomma, IndieRocket Festival è un’evento che punta decisamente alla sperimentazione di nuove sonorità, un festival che strizza l’occhio all’avanguardia e ai cambiamenti nel folto tessuto della musica contemporanea. Un grande lavoro che passa attraverso la grande umanità di chi se ne prende cura e, ogni anno, attraverso nuove sfide, sa usare quel calore per creare un’occasione per stare bene insieme, per sentirci più umani e uniti sotto il nome di un’unica passione comune, la musica.

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