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Music

t-mag IMO: Monegros Desert Festival 2024

words: Dario Buzzacchi

What makes the desert beautiful, is that somewhere it hides a well - Antoine de Saint-Exupéry

05.08

t-mag IMO: Monegros Desert Festival 2024

t-mag IMO: Monegros Desert Festival 2024

“Tutto iniziò trent’anni fa, come una piccola festa tra amici”. La storia che ci raccontano gli organizzatori di Monegros Desert Festival, è simile a quella di molti festival musicali. Quello che è unico però, è l’outcome finale. Il 27 luglio, 50000 “monegrinos“, provenienti da 90 paesi, si sono riuniti nel Desierto de Monegros per la 31esima edizione di MDF. 22 ore di programmazione, 11 palchi, milioni e milioni di watt di soundsystem.

Una volta Renzo Piano disse che “il contrario di città non è campagna; è deserto, come luogo fisico e come solitudine esistenziale”. Monegros Desert Festival – e la sua ultima edizione in particolare – smentisce la nostra amata archistar. Se pure il setting del festival potrebbe ricordare l’ambientazione distopica del “Mad Max” di Miller, Monegros è l’antitesi della solitudine esistenziale. La landa desertica in cui nasce e muore nel giro di poche ore una “ciudad efìmera” ha tutte le caratteristiche di una metropoli iperconnessa. Non solo per il reticolo di relazioni – umane e astrali – che si instaurano tra i 50.000 monegrinos che arrivano dai quattro angoli del globo, ma anche perché per 24 ore il Desierto de Monegros diventa il centro nevralgico della scena elettronica internazionale. La novità principale di MDF 2024 è stata sicuramente lo stage curato da Awakenings: ma una piacevole conferma è arrivata dalla presenza di Blackworks, brand spagnolo divenuto referenza ormai globale per le sonorità hard techno.

“Il nostro obiettivo – per dirlo con le parole di Juan e Cruz Arnau – era posizionare nel circuito dei festival internazionali della scena elettronica attuale l’Aragona e il Monegros Desert Festival, e sembra che ci siamo riusciti”.
Già, l’Aragona. Il terreno su cui sorge il festival – il deserto più grande d’Europa – non è stato scelto per caso o per capriccio. Il centro abitato più vicino a Monegros è Fraga, un piccolo comune in provincia di Huesca.

Un piccolo comune da cui passa la storia della clubbing culture spagnola e da cui nasce la storia della famiglia Arnau. A Fraga, come una piccola cattedrale nel deserto – ma in senso positivo – sorge Florida 135, il club in attività più antico del paese, fondato dal capostipite della stirpe Arnau. Il cui lemma è continuare a crescere, ma senza dimenticare le proprie radici. Ecco perché il brand di famiglia – che negli anni da regno si è trasformato in Impero, con l’esplosione di elrow in tutte le sue declinazioni – tiene così tanto al progetto di Monegros Desert Festival.

Sempre a proposito di Aragona – e di novità di questa edizione del festival – uno degli stage più apprezzati dai monegrinos è stata La Pinada, il primo palco dedicato alla psytrance della storia di MDF. Qui, la sinergia, a differenza delle altre partnership del festival, non è stata con una realtà internazionale consolidata, ma con un progetto a chilometri (quasi) zero come Own Spirit, un civettuolo festival che si celebra da queste parti – la prossima edizione è dal 4 al 9 settembre a Baldellou.

Per quanto riguarda la programmazione, e gli artisti che si sono alternati sugli undici stage del MDF, qualsiasi tentativo di resoconto sarebbe parziale. Troppo grande il festival, troppi act da non perdere, troppo “troppo” tutto. In linea generale, è d’uopo registrare come Monegros sia diventato nei decenni da festival techno-only, ideale solo per chi ama ≥140 bpm, a un appuntamento piglia-tutto, per ciò che concerne i generi musicali rappresentati. Certo, forse per le swifties e gli amanti del k-pop non è ancora il place-to-be, ma tra i concerti rap nel Main Stage, la dub e il reggae del Greenlight Corner e la già citata area psytrance, Monegros non è più un festival – solo – per iniziati.

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